di SAVERIO BARGAGNA

Viareggio, 12 giugno 2014 - «Mi scusi, ma che ci fa il 19enne accusato di pedofilia a festeggiare con gli amici in un noto locale notturno della Versilia? Non dovrebbe essere in carcere?». E la domanda lascia sorpresi e sgomenti al tempo stesso. A rivolgerla al nostro giornale sono stati alcuni genitori che hanno notato su Facebook gli scatti (festosi e festanti) del 19enne viareggino arrestato a metà aprile dalla polizia postale con l’accusa infamante di aver costretto decine di minori lucchesi a fare foto e video hard dopo essere stati sottoposti a umilianti minacce. Il giovane si è auto-immortalato — per poi documentare tutto sul social-network — con gli amici fuori da un locale mentre balla, batte le mani, esulta e se la spassa alla grande.

Il motivo per cui il 19enne è fuori dal carcere è piuttosto semplice anche se difficile da digerire: il giovane non è più sottoposto a misure cautelari. E, in attesa dell’eventuale processo, può «scorrazzare» liberamente e divertirsi da matti. La polizia, è bene dirlo, più di così proprio non poteva fare. Ha lavorato mesi e mesi per raccogliere numerose testimonianze arrivando perfino a trovare nell’hard disk del giovane bullo centinaia di foto e video pedopornografici. Così il 19enne è stato arrestato. E’ rimasto al San Giorgio per un po’ di tempo e adesso è fuori.

«Qualcuno — continuano i genitori — dovrebbe spiegarci anche perché il pedofilo può frequentare luoghi dove potrebbe facilmente adescare altri ragazzini con gli stessi metodi usati fino a qualche settimana fa». «E’ ovvio — aggiungono ancora — che nessuno è colpevole prima di essere giudicato e che sia doveroso che la giustizia faccia il suo corso e le sue verifiche. Tuttavia non è possibile restare indifferenti di fronte a questo spettacolo».

Il 19enne, lo ricordiamo, era stato arrestato a metà aprile. Tutto ha inizio con la denuncia di due madri che scoprono sul profilo Facebook dei propri figli 13enni richieste inequivocabili a sfondo sessuale. «Inviami foto delle tue parti intime», chiede il 19enne usando termini ben più squallidi e diretti. La polizia inizia ad indagare e capisce che dalle richieste di foto si è passati a rapporti fisici veri e propri. Così nella casa del bullo — che abita a Viareggio — scatta il sequestro di computer e smartphone.

Qui gli agenti trovano un vasto ‘archivio’ schedato con un ordine preciso. Individuate le vittime — decine di ragazzini quasi tutti appartenenti alla «Lucca Bene» — 12 bambini sono stati convocati da una psicologa che ha chiesto loro di raccontare che cosa fosse successo. E qui i racconti sono stati mostruosi. Un 13enne — con estrema difficoltà — ha spiegato di essere stato minacciato con un coltello e costretto a girare video a sfondo sessuale.

Un altro ha raccontato di essere stato costretto a scattare una foto nudo per poi dover accettare di subire rapporti sessuali non voluti per non vedere diffusa la propria fotografia. Violenze che, secondo la polizia, sarebbero durate oltre due anni.