Lucca, 24 aprile 2014 - Si è defilato da qualche giorno. E qualcuno lo ha notato. Strano: nel momento di maggiore importanza per il campionato della Lucchese, il presidente Andrea Bacci si mette un po’ di lato. Non compare, non dichiara, ma a domanda risponde. E coglie l’occasione per fare un bilancio del suo primo anno a Lucca. Di più: si avventura in una difesa spassionata della lucchesità, rivendicando, lui fiorentino, i pregi più che i difetti della città dall’arborato cerchio. Bacci non sorpreso per il rinnovato entusiasmo. Anzi.
«Da quando sono a Lucca – spiega il presidente – mi è stato ripetuto un numero impressionante di volte che i lucchesi sono distaccati dalla loro squadra, che rimangono tiepidi, lontani dalla squadra di calcio. Francamente ho sempre ripetuto che mi pareva del tutto normale: dopo due fallimenti non si può metabolizzare dall’oggi al domani».
Eppure c’è chi dice che Lucca è una città diffidente.
«A chi dice che i lucchesi sono sospettosi, replico che sono solo normali e che vivono in una città e un territorio meravigliosi: naturale che guardino con un pizzico di diffidenza chi si avvicini, quasi a voler mettere in chiaro che tutto quello di buono che c’è stato fatto da queste parti in secoli e secoli non deve essere sciupato da chi viene da fuori. Provate a dargli torto. Per me è una virtù. Lucca ha grandissime potenzialità di cui pochi e nessuno parlano, è ora di finirla di trovare alla città solo difetti o cercare quello che non funziona. Guardate quanto è stato fatto nel settore cartario, dov’è all’avanguardia in Europa».
Cosa chiede Bacci alla città?
«Nulla, prima c’è da dare. Inutile cercare imprenditori prima di non aver fatto capire chiaramente cosa vogliamo e possiamo fare con il calcio a Lucca. Non è certo che sto a cercare una fattura di sponsorizzazione. I lucchesi sono persone parsimoniose, ma se i loro soldi vengono impiegati bene, potete stare certi che investiranno anche nella Lucchese. E non dimentichiamo che il 49 per cento della società è fatto già da lucchesi».
Con una delle componenti più importanti del tifo, la cooperativa di Lucca United, c’è stata più di qualche incomprensione.
«C’è stato qualche errore da tutte le parti, ma non posso dimenticare l’aspetto sostanziale di Lucca United, ovvero oltre 400 persone che si uniscono nel nome della Lucchese. Vanno rispettate, e se c’è da combattere alcuni atteggiamenti che per noi vanno fuori dalle righe lo facciamo, ma sono e restano risorse».
Cosa può diventare la Lucchese per Lucca?
«Deve divenire un punto di riferimento, con il nome della città che gira per l’Italia e speriamo un domani per il mondo proprio anche attraverso la sua squadra di calcio. E aggiungo che il fatto ci siamo 1500 persone che la vogliono seguire in trasferta dà la dimensione di quanto sia radicata la squadra di calcio. Lo dico da tempo: se siamo in grado di offrire quello che le persone cercano la Lucchese ha seguito. Ecco perché non sono meravigliato dell’entusiasmo che si respira in questi giorni».
Il futuro: cosa succederà se la Lucchese non dovesse farcela a tornare nei professionisti? C’è chi parla di un suo addio.
«Di come finirà il campionato non voglio parlare, perché sfugge a ogni calcolo. Quello che è certo è che resterò in ogni caso, ci mancherebbe. Forse qualcuno ha interpretato male il silenzio di questi giorni: è solo perché serve concentrazione e poche chiacchiere intorno alla squadra».
I tifosi chiedono di assistere in massa alla gara contro la Correggese, anche ipotizzando il campo neutro.
«Faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per portare il maggior numero di loro alla gara, ma rispetto la Correggese e la sua voglia di giocarsi il futuro nel loro impianto, non scordiamo che con noi si sono comportati sempre con grande correttezza».