Lucca, 17 aprile 2014 - «FAMMI vedere come sei bello nudo come mamma ti ha fatto». E se non cedi all’assurda richiesta della foto o del video hard ecco allora i ricatti, le minacce degli «scagnozzi» più grandi che ti attendono fuori dalla scuola. E ancora, una volta che sei stato costretto a dire «sì», ti assale la vergogna e l’imbarazzo. Ma non è finita. E’ solo l’inizio di un vortice. Perché ti arrivano ancora nuove proposte più sconce e raccapriccianti: incontri sessuali che non vuoi. E la paura prende il sopravvento trovando forza nei sensi di colpa, nel terrore del giudizio degli altri e nelle intimidazioni quotidiane. Un incubo moltiplicato per 10, 20, 30 ragazzini. Anzi forse anche di più. Tutti «nostri». Tutti lucchesi. I nostri ragazzi che per due anni hanno vissuto come in un horror andando a scuola o collegandosi dalla propria cameretta al computer.


IL PEDOFILO, 19 anni e la faccia da bullo di periferia, è stato arrestato nei giorni scorsi dalla polizia postale e ora si trova rinchiuso nel carcere di San Giorgio. Tutto ha inizio qualche mese fa. Due giovani madri leggono — sbiancando — richieste inequivocabili a sfondo sessuale sul profilo Facebook dei figli 13enni. «Inviami foto delle tue parti intime», chiede un adulto usando termini ben più squallidi e diretti. Il mondo crolla. Sconvolte chiedono aiuto alla polizia sporgendo dettagliata denuncia. Iniziano le indagini. Vengono trovati nuovi messaggi e ben presto si capisce che dalle richieste di foto si è passati a rapporti fisici veri e propri. Così — alcuni mesi fa — gli agenti effettuano una perquisizione a casa del 19enne sequestrando un computer e uno smartphone. Tutti ultimi ritrovati della tecnologia utilizzati dal pedofilo per contattare tramite web le sue giovanissime vittime: maschi in età preadolescenziale. Il materiale raccolto — foto ottenute attraverso minacce e pressioni — era archiviato e schedato con un ordine preciso.


QUI inizia il lavoro più duro per la polizia postale. Un’analisi tecnica, foto per foto, video per video, compiuta sul materiale sequestrato. Ci vuole stomaco forte. Ma questa analisi consente di risalire all’identità di decine e decine di ragazzini, quasi tutti appartenenti a famiglie della «Lucca Bene», adescati attraverso Facebook o avvicinati davanti alle scuole medie del centro o della prima periferia cittadina.
 

LA POLIZIA quindi avvia una seconda fase di inchiesta. Grazie all’aiuto di una psicologa sono convocati 12 ragazzini ai quali viene chiesto di raccontare il calvario. Ed è proprio in questo frangente che emergono circostanze ancor più mostruose. I 13enni — con estrema difficoltà — si liberano. C’è chi racconta di essere stato minacciato con un coltello e costretto a girare un video a sfondo sessuale. Chi di essere stato avvicinato dagli «amici» del pedofilo che non accettava rifiuti. Chi, ancora, di essere stato costretto a guardare foto di altri ragazzini a scopo intimidatorio per poi dover accettare di subire rapporti sessuali non voluti per non vedere diffusa la propria fotografia.


ALLA LUCE della giustizia emergono soprusi nascosti sotto le tenebre del terrore da almeno due anni. Decine di episodi che il pedofilo e la sua gang riuscivano a tacitare imponendosi con pressioni di ogni genere. E’ emerso, quindi, un quadro accusatorio gravissimo, tanto che il 19enne — già noto alle forze dell’ordine per episodi di microcriminalità —, sulla scorta degli elementi probatori raccolti dagli investigatori della polizia postale e delle comunicazioni, è stato ritenuto socialmente pericoloso dall’autorità giudiziaria che ne ha disposto la cattura. Il pedofilo, raggiunto in un’abitazione della Versilia, è stato arrestato e accompagnato in carcere. 

Saverio Bargagna