Lucca, 04 ottobre 2013 - Il lavoro in effetti non manca al... centro per l’impiego, quantomeno per i dipendenti. Ieri mattina alle 10 e mezzo, a due ore esatte dall’apertura degli uffici, il numerino di attesa aveva già oltrepassato quota 500: più di mille persone ogni mattina in attesa di un lavoro, dell’avvio della cassa integrazione, della regolarizzazione delle proprie mansioni di badante o colf. Non c’è età, non c’è condizione sociale, non c’è provenienza (qualcuno viene anche da fuori provincia) a fermare il fiume in piena di persone. E sono infinite le storie che testimoniano quanto il mondo del lavoro sia diventato un far west. Ferdinando Ruggiero ha solo 28 anni: fortunato, gli dicono, ha perso il lavoro in tempo utile per giocarsi la carta dell’apprendistato. Ha lavorato 13 anni in un’officina meccanica della Piana, ha un bambino di un mese e mezzo. E’ al centro dell’impiego per avviare le pratiche per ottenere almeno l’assegno di disoccupazione.

Non va meglio alla generazione precedente. «Mio padre ha 53 anni — dice Ferdinando — e vive con 485 euro al mese. Non ha un lavoro, dicono che lui è troppo “vecchio”, a 53 anni. Io ho perso il lavoro e non so se lo ritroverò. Oggi le macchine per cartiera le comprano all’estero usate e poi le rendono attuali nelle nostre officine, è così che il lavoro è calato di brutto e che io oggi mi trovo a piedi». Gennaro Lopresto è qui per sua figlia, Alessia, 23 anni e l’intenzione di rendersi autonoma con una casa ancora tutta da pagare. «L’hanno licenziata dalla sera alla mattina, lei e altri 4 dipendenti — dice —. Lavoravano in una pasticceria che in un attimo ha cambiato nome alla società e ha mandato tutti a casa. In Italia, evidentemente, si può fare anche questo».

Alessandro Macchiarella e Carla Alfieri tentano il tutto per tutto. «Ci siamo rivolti al Centro per l’impiego di Montecatini — dicono – e non ci è arrivata mai neanche una telefonata. Adesso proviamo qui e speriamo bene». Dita incrociate ma i volti, per la maggior parte, raccontano tutta l’angoscia di guardare al domani. Hamid Essbbah, marocchino, ha saputo ieri mattina al Centro per l’impiego che la sua «pratica» non è più nell’archivio degli infortuni ma è passata in quello dei licenziamenti. «Lavoravo in un agriturismo nella zona di Pieve SantoStefano — racconta —. Sono caduto da una scala e mi sono fatto male a un braccio. Sono venuto a verificare che tutto fosse a posto con le procedure per l’infortunio e oggi invece mi dicono che dal computer risulta che dal 15 luglio risulto licenziato». Niente paura: gli hanno dato il numero, il 41, così potrà saperne di più. Intanto sa che ha un bambino di 4 anni e sua moglie ne aspetta un altro. Giuseppe Cafuri è un abituè del Centro per l’impiego, un po’ la sua seconda casa: «Sono tre anni che mi prendono in giro i lor signori. Adesso basta».