LUCCA, 18 ottobre 2012 - Lilio Giannecchini, 87 anni ed ex direttore dell’Istituto Storico della Resistenza, ha vinto così la sua battaglia legale dopo che due anni fa era stato denunciato in Procura e al Garante della privacy dal professor Umberto Sereni e dopo che era stato richiesto per lui, a suo tempo, il rinvio a giudizio con l’accusa di tentata violenza privata e violazione della legge sulla privacy. A scatenare il putiferio era stata una lettera indirizzata da Giannecchini al Sereni con la quale lo metteva in guardia dal candidarsi sindaco di Lucca pena il rendere noto un dossier contro l’ex primo cittadino di Barga e il padre Bruno. Ma perché?

Il professore universitario, di estrazione di centrosinistra, nel 2010 aveva espresso appunto l’intenzione di scendere in campo candidandosi a sindaco di Lucca e incassando fra l’altro il plauso di due politici che di sinistra avevano ben poco, ovvero Giuliana Baudone (ex An) e Maurizio Dinelli (ex Forza Italia). Questa insomma la pietra dello scandalo: Giannecchini infatti verso la fine di agosto del 2010 aveva inviato una lettera allo stesso Sereni informandolo che se avesse confermato le sue intenzioni e fosse sceso in campo per fare il sindaco, avrebbe tirato fuori un dossier contro lui e il padre. Materiali, a quanto pare, provenienti da un archivio statale. Nel dossier, in pratica, sarebbero emerse prove del fatto che il professore non sarebbe stato poi così antifascista come aveva sempre dichiarato di essere. Un’accusa che aveva già mandato su tutte le furie Sereni che al contrario ha sempre sostenuto in questi anni l’importanza della Resistenza al fascismo. Per questo la denuncia con l’annuncio di costituirsi parte civile presentando una richiesta di risarcimento danni di 100mila euro da devolvere, in caso di vittoria, a favore di un’istituzione culturale. Ieri invece la doccia fredda per Sereni che era in aula nel tribunale di Lucca. Soddisfatto Giannecchini, comandante partigiano e per 30 anni direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea «incarico da cui è stato esautorato — afferma — sulla base di pretestuosi interventi giunti da più parti, utilizzando la notizia, pubblicata da fonti giornalistiche e televisive sull’avviso di garanzia ricevuto, di cui la sentenza odierna ha riconosciuto l’insussistenza». Dall’altra parte invece Sereni è amareggiato, ma intenzionato a ricorrere in appello.

«L’esperienza di questi anni — commenta a caldo — mi ha insegnato che le sentenze della magistratura vanno rispettate anche quando, come in questo caso, non sono gradite. Valuteremo le motivazioni della sentenza per decidere se ricorrere in appello. Da parte mia, quello che ho fatto lo rifarei: minacciato da una lettera come quella del signor Giannecchini, ricorrerei di nuovo alla magistratura. Credo comunque che al signor Giannecchini sia passata la voglia di mandare lettere di quel tipo».
 

Cristiano Consorti