LUCCA, 2 luglio 2010 - La prima è Udine il 16 luglio a Piazzale Castello; il 17 sarà a Ferrara in Piazza Castello; il 18 a Roma alla Cavea Auditorium; il 20 a Lucca in Piazza Napoleone (all’interno del Summer Festival) e il 21 all’Arena Civica di Milano. Questo denso tour europeo consentirà al giovane e talentuoso cantautore di promuovere l’ultima fatica, «Sunny side up», che gli è valso il premio come miglior album al 55esimo Ivor Novello Awards al Grosvenor House Hotel a Londra, dove a conferirgli il riconoscimento è stato Simon Le Bon, leader dei Duran Duran.
Paolo, questa per te non è la prima volta in Italia, sei già stato qui al concerto del primo maggio a Roma e ora una serie di date in Italia. Che cosa ne pensi questo paese?
«Lo adoro. Mi piacciono molto le persone e lo stile di vita. Ogni volta torno in Italia con grande gioia per scoprirne sempre un “pezzo” in più; e poi qui ci sono le mie radici...».
Infatti la famiglia da parte di tuo padre è originaria di Barga (Lucca); che rapporto hai con questa città?
«Dall’ultima volta che ci sono stato saranno trascorsi quattro o cinque anni, non di più, lì abbiamo ancora dei parenti che di tanto in tanto torniamo a trovare. E’ una città meravigliosa. Quando cammini per le strade di Barga c’è un’atmosfera quasi magica; i vicoli, il borgo, tutto l’ambiente è speciale. Sono felice perché la data del tour a Lucca, infatti, mi permetterà di tornare a visitarla».
E’ la tua prima esibizione alla kermesse lucchese quella del 20 luglio prossimo?
«Da cantante assolutamente sì, mentre da turista direi di no. Sono stato altre volte a Lucca e anche questa città è unica. Sono comunque felice di esibirmi al Summer Festival».
Conosci alcune parole in italiano?
«Poche...pochissime a dire il vero. Non ho mai avuto occasione di imparare l’italiano, però quando vengo in Italia mi piace ascoltare le persone che parlano tra di loro; è una lingua dolce e simpatica, mi piacerebbe impararla».
Parliamo di «Sunny side up». Il tuo nuovo album è già un grande successo, premiato anche agli Ivors come “miglior album”. In questa tua ultima fatica c’è, però, qualcosa di diverso rispetto a «These streets», per esempio...
«E’ vero, questo album è diverso. Io lo definirei un “viaggio musicale” da cui emergono la mia passione e anche il mio percorso di crescita, basta pensare alle canzoni. Si spazia dall’esuberante “Pencil full of lead”, al soul di “Coming up easy”, alla ballata “Candy”, fino al folk di “Simple Things”. E io sono tutto questo. Non mi sento legato a un genere musicale in particolare e forse non voglio esserlo. Volevo che da questo lavoro emergesse un percorso il più naturale possibile, con un feeling positivo e spero di esserci riuscito».