Lucca, 12 novembre 2009 - Un massacro. Al punto che gli spacciatori e i trafficanti d’oltre Adriatico, dietro le sbarre al San Giorgio, quando vedono arrivare l’ispettore capo Carlo Alberto Diddio o il collega Roberto Femia, intonano cori da stadio per accoglierli. E’ stato così anche questa volta quando, a seguito di altrettanti ordini di custodia cautelare in carcere emessi dal Gip del tribunale di Lucca, sono finiti in manette cinque albanesi con precedenti più o meno specifici. Tutti avevano l’abitudine di spacciare la droga in quattro punti precisi, a Borgo Giannotti, Sant’Anna, Viale Castracani, San Concordio. La struttura, come tutte quelle albanesi che gestiscono il traffico e lo spaccio di cocaina, è di tipo verticistico, ossia c’è un capo e, a seguire e in una sorta di piramide, gli altri. Come hanno fatto gli investigatori a trovare gli elementi necessari a procedere nei confronti dei cinque spacciatori? Semplice, si fa per dire. Hanno pedinato, appostati e non visibili, coloro i quali si recavano nei vari punti di spaccio, così da acquisire la prova provata dell’attività criminale e sequestrando una trentina di grammi di polvere bianca. Un lavoro certosino, lungo e difficile, condotto, come al solito, con la professionalità di sempre dagli uomini della squadra mobile di Virgilio Russo, a cominciare dai due ispettori capo Diddio e Femia, per continuare con il sovrintendente Walter Alama, l’assistente capo Francesco Fuccio e l’assistente Cristian Di Mimmo.


Aldo Grandi