Approdo e ripartenza

Il commento del caposervizio della redazione di Lucca

Il caposervizio della Nazione

Il caposervizio della Nazione

Lucca, 30 agosto 2015 - Da dove veniamo? Chi siamo e soprattutto dove andiamo? Ce lo siamo chiesti almeno una volta: e a me sinceramente queste domande rimbalzano nella testa soprattutto quando ci avviciniamo al periodo che poi da sempre è il cuore della nostre tradizioni, ovvero il «Settembre Lucchese». Ne stiamo per vivere un’altra edizione: l’omaggio al Volto Santo, la processione, il ritorno dei tanti conterranei all’estero, le fiere del Giannotti e i tanti altri appuntamenti immancabili, più o meno tipici. Ma il vero quesito credo sia un’altro: il periodo che più incarna lo spirito e la specificità cittadina,lo viviamo ancora nello stesso modo, come simbolo della nostra identità, oppure è diventato una routine che non ci fa più nè caldo nè freddo?

La sensazione è proprio questa e francamente non saprei dire esattamente da cosa dipenda. Nel calderone del caos quotidiano, per molti di noi, questi appuntamenti che fanno rima con la storia sembrano essersi trasformati in qualcosa di scontato. Nessuno mette in discussione l’impegno dei vari attori (dagli enti locali alla Chiesa passando per le associazioni) perché quello c’è e mi rifiuto di pensare che sia mosso da uno spirito d’inerzia. Il nodo piuttosto è il modo in cui partecipiamo (o disertiamo) sia fisicamente che con la testa. Eppure il mese che ci apprestiamo a vivere, dovrebbe rappresentare tutta un’altra cosa. Più che limitarci a gustare lo spettacolo dei fuochi d’artificio dai baluardi delle Mura, oppure questa o quella manifestazione (ammesso che siamo ancora in tanti ad averne voglia) bisognerebbe riflettere sul vero senso del Settembre per la comunità in cui viviamo. Un momento che univa fortemente il capoluogo ai comuni della Piana nonchè alla Valle del Serchio e Garfagnana, oggi sempre più mondi a sé. Non mi pare più così. E poi nel mese «temuto» un po’ ovunque, perché si riprende a pieno ritmo il lavoro e riparte la scuola, la lucchesia viveva invece appieno il suo massimo momento di festa.

Lo fa ancora, ma non più con lo smalto di un tempo. Qualcuno di voi mi dirà che ci sono cose più importanti, che non si tratta di un tema scottante come lo sono adesso la disoccupazione o l’emergenza migranti. E che non si campa con celebrazioni e annessi vari. Eppure penso ci si debba riflettere. Tutto ci sta maledettamente scivolando addosso. Forse è arrivato il momento di declinare la tradizione alla modernità. E’ un tentativo che va fatto. Perché il Settembre lucchese ridiventi, più che uno scontato approdo, un momento di ripartenza. Non è, credetemi, filosofia poetica. Piuttosto una necessità impellente: puntare davvero sulle nostre radici, riscoprirle soprattutto, ma al tempo stesso rilanciarle con nuove idee. Affinchè lo scrigno di tesori che ci è stato tramandato dal passato, diventi il terreno fertile del futuro. In un mondo sempre più sclerotico, condividere i valori che ci appartengono può fare davvero la differenza. Cambiano i tempi, lo sappiamo: ma non deve per forza trasformarsi in peggio chi ci sta vivendo dentro.

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