Asilo di Lammari, la svolta: dieci avvisi di garanzia

Cinque indagati. Tra gli altri destinatari degli avvisi, ma al momento non indagato, c'è anche un dipendente comunale

L'ingresso del nido Cosimo Isola di Lammari, ora sotto sequestro (foto Alcide)

L'ingresso del nido Cosimo Isola di Lammari, ora sotto sequestro (foto Alcide)

Lucca, 3 maggio 2016 - Dieci avvisi di garanzia sono stati notificati dalla Procura ad altrettante persone coinvolte nell’inchiesta sul moderno asilo nido «Cosimo Isola» di Lammari, chiuso a sorpresa dal Comune di Capannori il 6 aprile scorso per gravi problemi strutturali. Nel mirino sono finiti i cinque titolari di altrettante aziende: dalla ditta appaltatrice di Roma a fornitori e ditte subappaltatrici di Castelnuovo Garfagnana, Pietrasanta, Napoli e Vicenza. Tutti indagati per l’ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture. Altre cinque persone raggiunte dagli «avvisi» non risultano al momento indagate, ma coinvolte solo come atto dovuto in vista dell’eventuale nomina di periti di parte per gli accertamenti sulla struttura di via delle Ville. Si tratta dei progettisti, del direttore dei lavori e del collaudatore, un dipendente comunale.

L’inchiesta è diretta dal pm Salvatore Giannino, che ha scelto due consulenti tecnici: un architetto esperto di appalti pubblici e un ingegnere esperto in tecniche di costruzione. Il magistrato intende stringere i tempi e dissequestrare l’asilo nel giro di un mese. Anche perché uno dei quesiti rivolti ai consulenti è ovviamente legato alla pericolosità attuale dell’edificio e all’eventualità che si renda necessaria una parziale demolizione. In particolare i consulenti del pm dovranno valutare le eventuali responsabilità a vari livelli. Insomma, di chi è la colpa se questo asilo nido, sbandierato neppure due anni fa come un fiore all’occhiello della bio-edilizia e costato 1 milione e 300mila euro, oggi è chiuso per il rischio che cada in testa ai bambini? Bambini trasferiti in altre stutture, con enormi disagi per le famiglie.

Colpa di chi l’ha progettato? Di chi ha scelto la sua localizzazione? O di chi l’ha costruito? E i materiali, in particolare il legno, erano quelli previsti dall’appalto? Domande legittime, le stesse che si pone l’attuale amministrazione comunale, parte lesa nel procedimento e decisa a rivalersi economicamente sugli eventuali responsabili di questa clamorosa debacle. A distanza di meno di due anni dal taglio del nastro, suonano oggi paradossali le parole con cui lo stesso Comune annunciava l’asilo costruito con tecniche di bioedilizia: «un modello dal punto di vista della sostenibilità ambientale, certificato in classe energetica A+, impiegando soluzioni tecnologiche utilizzate per la prima volta in Toscana in ambito pubblico».