Tragedia nel cantiere, la mamma di Gabriele: "Amava il suo lavoro, Dio poteva prendersi me"

La nave Urania nel mirino del robot subacqueo

La nave Urania e, nel riquadro, la vittima

La nave Urania e, nel riquadro, la vittima

Livorno, 28 agosto 2015 - «Lavorava per guadagnarsi il pane e portare i soldi a casa. Come tante altre persone del Meridione è partito e non è più tornato». Con queste parole i familiari di Gabriele Petrone, 39 anni da compiere a novembre, che ha perso la vita nella tragedia della nave Urania, ricordano il congiunto. Una famiglia unita quella di Gabriele, una famiglia dai valori solidi che sta vivendo una tragedia immane con compostezza e senza clamore. La madre, accompagnata dall’altro figlio e da altri familiari, ha effettuato il tragico rito del riconoscimento formale. Attimi di dolore straziante che sono stati vissuti all’obitorio dell’ospedale nella tarda mattina. Accanto ai familiari gli agenti della polizia di frontiera marittima che oltre a grande professionalità nelle indagini hanno dimostrato solidarietà umana nei confronti di una famiglia piegata da un dolore incommensurabile. Un parente di Gabriele è un marittimo e conosce bene cosa vuol dire lavorare per mare. «Gabriele era bello fuori e dentro. Anche dopo quello che è successo è rimasto bello».

La mamma di Gabrile Petrone è una donna dignitosa, il suo sguardo parla di un dolore che ha travolto il suo cuore. Gli occhi asciutti, le lacrime non scorrono più, la voce commossa, ricorda quel figlio che è morto per mantenere la famiglia, la moglie già tornata in Campania per stare vicina al figlio, un bambino di 11 anni, e dice «Era contento di questo lavoro. Non smettava mai di dire che aveva trovato un ambiente familiare. Con i colleghi si trovava benissimo». Gabrile Petrone era tornato a casa, a Mugnano per il Ferragosto: giorni di felicità per quel lavoro che gli assicurava uno stipendio migliore. Martedì, il giorno della tragedia, aveva sentito la moglie poco prima del disastro, una telefonata come tante altre, gioiosa. E’ stata l’ultima. 

«Io ho fede. Dio poteva prendersi me», ripete la madre e poi aggiunge «Ricordatelo con la preghiera». Poi il dolore ha il sopravvento. Accanto l’altro figlio, occhiali scuri a nascondere la commozione. Da martedì la vita di queste famiglie non sarà mai più la stessa. Morire di lavoro e sul lavoro: così è morto Gabriele Petrone, lontano da casa, per assicurare un futuro ai suoi cari.