"Le città del Mediterraneo vogliono vivere". La grammatica di Medì a Livorno

Il libro edito da Giuliano Ladolfi che raccoglie gli atti della prima rassegna internazionale 'Medì', svoltasi a maggio dello scorso anno a Livorno DI MICHELE BRANCALE / INTERVISTA AD ANNA AJELLO

Andrea Riccardi (Ansa)

Andrea Riccardi (Ansa)

di Michele Brancale

Livorno, 26 marzo 2015 - “Il Mediterraneo è un “sistema” che respinge le semplificazioni e, tra le altre, quella terribile dello scontro di civiltà, dai grandi orizzonti agli scenari quotidiani. Qui non c’è mai stato un muro per dividere cristiani, musulmani ed ebrei... Il Mediterraneo è il mondo della complessità... della globalizzazione ante litteram”: lo scrive Andrea Riccardi nel libro 'Le città vogliono vivere', edito da Giuliano Ladolfi, che raccoglie gli atti della prima rassegna internazionale 'Medì', svoltasi a maggio dello scorso anno a Livorno, e riunitasi per una seconda tappa a metà marzo nella Goldonetta, questa colta con il titolo 'Le città hanno un'anima'. Qui Riccardi, storico, fondatore della Comunità, ha compiuto una ricognizione in profondità e ampiezza del rapporto tra “rotte dell'anima” e sensibilità europea verso il Mediterraneo, uno dei cinque-sei scenari decisivi per la pace.

“A due anni dall'inizio del pontificato di Papa Francesco - ha sottolineato - si rivela sempre più significativo che il suo primo viaggio sia avvenuto nel cuore disprezzato dell'Europa: Lampedusa”. Nel gennaio del 2014 sulle coste italiane sono avvenuti 2171 sbarchi e c'era Mare Nostrum. Un anno dopo, in presenza di Triton (“totalmente inefficace”), gli sbarchi sono stati 3520. Dunque, constata Riccardi "non è la solidarietà che fa crescere i numeri dei rifugiati, ma la guerra”. Falso dire che Mare Nostrum fosse un incentivo all'emigrazione. Sono ancora i numeri a dirlo: su 170mila sbarcati durante Mare Nostrum 42mila sono siriani, 34 mila eritrei, 10 mila maliani, 5 mila somali. "Di fatto sono diminuiti gli immigrati e cresciuti i rifugiati che hanno diritto ad essere salvati - spiega Riccardi - Mare Nostrum e' stata una grande vicenda. 170 mila persone sono state salvate dalla morte”.

Si può lavorare per un impegno maggiore euro-arabo per la Siria, il cui dramma Sant'Egidio ha segnalato costantemente, lanciando meno di un anno fa un appello per Aleppo. Nel confronto alla Goldonetta gli interventi hanno consentito di cominciare a scrivere una sorta di grammatica delle città portuali del Mediterraneo. Per il sindaco di Livorno Filippo Nogarin Il porto non può essere “periferico” nel rapporto con la città labronica, ma connesso alla storia, al suo patrimonio, alla vita delle sue comunità. Attenti perciò alle “lobby che negli anni hanno allontanato i porti dalla vita. Ci stiamo riappropriando della funzione portuale, che è di contaminazione commerciale e culturale”. A ‘Medì Nogarin si è confrontato con Adolf Romagosa, direttore del porto di Barcellona, e Ioannis Panagiatopoulos, dell’Università di Atene, per ripensare le coordinate con cui le città mediterranee possono crescere nell'epoca della globalizzazione: porto connesso alla città, sviluppo turistico, valorizzazione del patrimonio storico e delle comunità, misure per scongiurare la “sindrome Venezia” che cancella l’identità.

Sono strade che rappresentano risposte allo scenario delineato da Andrea Riccardi che aveva rilevato come “le città vengono trasformate in periferie dalla globalizzazione e sono banalizzate le città-porto del Mediterraneo”. L’esperienza di grande sviluppo di Barcellona, rappresentata a Medì da Romagosa, suggerisce strade di crescita e al tempo stesso di scongiurare “la sindrome Venezia: si tratta di gestire il turismo di massa senza perdere l’identità. L’amministrazione deve scendere sempre dalla colonna della gestione per abbracciare i cittadini”. Nella città catalana che attrae 7 milioni di turisti l’anno, due dei quali solo dalle crociere, si evidenziano problemi di conflittualità e povertà in zone prossime al porto e alcuni cittadini lamentano di sentirsi spossessati. Un fecondo rapporto tra porto, scuole, imprese e università è stato delineato da Ioannis Panagiotopoulos , dell’Università di Atene, anche in rapporto all’immigrazione: “La formazione crea cultura e ricchezza e aiuta i Paesi di provenienza a riprendersi e dunque anche a fermare proprio l’emigrazione”, mentre emerge una classe dirigente.

“L’anima delle città – ha osservato il vescovo di Livorno Simone Giusti nel suo saluto a Medì – non sono le fibre ottiche”. Da Inma Gala, dell'ufficio migrazione della diocesi di Tangeri, la descrizione delle due città enclave di Ceuta e Melilla, suolo spagnolo in territorio del Marocco, per tanti un traguardo da raggiungere scavalcando pericolose recinzioni, nascondendosi nei boschi prima di tentare la sorte. Di oltre cento non si hanno più notizie. Per tanti le diocesi tenta percorsi di inserimento lavorativo e di cittadinanza. Un microcosmo che rivela uno dei volti dell'emigrazione. Da Medì, allora, il disegno di un ruolo e di una crescita nelle città portuali per affrontare le nuove sfide. Le città mediterranee , ha osservato Vittorio Ianari, studioso di rapporti tra mondo-arabo islamico e Occidente e della presenza cristiana nel Medio Oriente, “possono ritrovare l'ambizione di fare la storia e rimodellare la globalizzazione” che le ha rese in gran parte periferiche. Si tratta di superare l'impermeabilità - il termine è stato utilizzato da Nogarin – che ha separato i porti dalle città che “vogliono vivere” e “hanno un'anima”.

Gli interventi di Medì, per Ianari, “sono stati orientati a dare una lettura delle nostre città. Il cittadino di una città anonima è l'obiettivo ideale dell'induzione non solo a comprare, ma a consumare”. Così le città diventanno agglomerati di individui. E invece non si dà vera città senza spirito collaborativo grazie al quale, sacrificando la propria autosufficienza, si acquisisce una moltiplicazione di energie e di forze. Con un patto di collaborazione la città diventa anche ambito di collaborazione. A questo si connette l'ambizione di “fare la storia”, prospettiva “che richiede gesti e pensieri generosi, in una certa misura gratuiti”, altrimenti le città scivolano nel provincialismo. L'alleanza tra città meditarranee con l'intera ricchezza della loro multiforme identità, "può farle diventare come poli che fronteggiano la globalizzazione per rimodellarla e non venirne, invece, inghiottiti. La consapevolezza con cui siamo giunti a Livorno, in questi giorni si è consolidata: le città hanno un'anima”. Nel libro edito dall'editore Ladolfi, curato da Romina Giampaoli, gli interventi di J. Castro, R. Caucanas, A. Courban, N. El Ashwal, N. Gursel, J. Hoffmann, V. Ianari, M. Jouili, V. Koukousas, A. Riccardi, E. Rossi, M. Rossi.