Festa senza unità

Il commento

Michela Berti

Michela Berti

Livorno, 26 luglio 2015 - E’ finita un’èra. Festa dell’Unità addio. I renziani sono abili nel fare le leopolde, ma la Festa dell’Unità è un’altra cosa. E’ una manifestazione che solo gli addetti ai lavori che rinunciavano alle ferie per allestire e curare gli stand potevano e sapevano gestire. Non è poi così lontano quel tempo in cui le «compagne» si consumavano dietro ai fornelli per preparare quelle cene caserecce che richiamavano ai ristoranti gestiti dalle sezioni anche chi, nel segretro delle urne, non metteva la croce sulla bandiera rossa. Dibattiti sempre partecipati, almeno a Livorno dove il cuore rosso ha pulzato per settant’anni. Ora quel cuore non batte più, le compagne grembiule e forchettone se ne sono andate e i volontari hanno preferito combattere il caldo al mare anzichè in quell’afoso quasi asfissiante salottino ricavato nel PalaModì per ascoltare qualche esperto di porti e trasporti. A metà settimana hanno provato a risollevare le tragiche sorti della festa i segretari Bacci e Bellandi che hanno suonato la sveglia ai demotivati leader di sezione. Tutto inutile, la carica è finita e l’insolenza di alcuni comportamenti dei vertici territoriali del partito non hanno certo invogliato gli iscritti a contribuire con energie e denaro a quello che si è rivelato un clamoroso flop.

La colpa? Difficile puntare il dito contro i grillini, presi dalle grane in Comune. I mali del Pd sono tutti da ricercare dentro a questo partito che, a Livorno, sembra proprio aver consumato il collante. Non c’è nemmeno più la guerra tra bande: il segretario Bacci, abile amministratore del ridente Colle, ha avuto comunque il grande merito di ricompattare – contro di lui e soprattutto contro il suo cerchio magico (Baldi, Barsacchi e Demi) – anche chi non si guardava da anni. L’agonia della festa dell’Unità durerà ancora un paio di giorni, nella speranza che il ministro Delrio metta un po’ di sale almeno sula coda.