Due giugno, l'apparenza in onda

Sofia Ventura

Sofia Ventura

GABRIELE Canè commentava ieri – definendolo un errore – il fatto che il governo abbia scelto di affidare con uno spot alla sola tv pubblica il ricordo del 2 giugno, ignorando i giornali, che pure furono protagonisti di quell’evento. Varie possono essere le ragioni di quella scelta. Tuttavia essa è coerente con una comunicazione politica contemporanea che tende sempre più ad esaurirsi nell’immagine e dunque nella trasmissione di emozioni, ignorando l’argomentazione. Naturalmente anche i giornali utilizzano immagini, ma il racconto del fatto, l’opinione, rimangono nel loro insieme la cifra che li distingue da altri media.

ESSI , però, non costituiscono il cuore della narrazione di governo, certamente non nel nostro Paese, dove il potere sembra prediligere il web e la televisione, attraverso i quali tende a parlare in prima persona e a costruire una campagna permanente fatta soprattutto di evocazioni.

La timeline Twitter del capo ufficio stampa di Palazzo Chigi, Filippo Sensi, emette in continuazione foto e video del premier che fa cose, inframezzate da immagini di contesto – come paesaggi o gadget giapponesi per l’ultimo G7 – che trasmettono un’idea di prossimità.

Lo stesso sito della Presidenza del Consiglio pare prediligere l’immagine (foto e video) alla parola, che in molti casi appare soprattutto di supporto alla prima. Ed è lo stesso sito che spiega l’obiettivo dello spot – una bella ragazza che si aggira per piazza del Popolo mentre si sente l’annuncio via radio del voto per la Repubblica, ripresa in campo lungo e con primi piani che mostrano un’espressione sognante che fa ritenere che pensi più al suo nuovo amore piuttosto che all’Italia repubblicana.

L’OBIETTIVO è privilegiare «un modello di comunicazione legato alla memoria e al ricordo, idoneo a raggiungere nel modo più efficace il maggior numero di cittadini». Come ha scritto Sartori in Homo Videns , il video «produce immagini e cancella i concetti», atrofizzando così «la nostra capacità di capire».

E, in effetti, lo spot non fa capire molto, se non che la Repubblica è una cosa bella da ricordare e che ci fa sognare. Un messaggio riduttivo che tende a svuotare il ricordo dei suoi significati, anche conflittuali, e forse poco idoneo al lettore di giornali che talvolta pretende qualcosa di più, ma funzionale, appunto, a raggiungere i cuori di tutti, per farli palpitare senza nemmeno capire esattamente il perché.