Cure negate e maltrattamenti: sotto accusa tre medici del 118

Il sindaco Samuele Lippi va dal procuratore capo dopo aver raccolto una serie di segnalazioni su numerosi casi accaduti all’ospedale di Cecina anche dalle associazioni

Sotto accusa tre medici del pronto soccorso di Cecina

Sotto accusa tre medici del pronto soccorso di Cecina

Cecina, 6 ottobre 2016 - Medici che si rifiutano di scendere dall’ambulanza per soccorrere qualcuno che poco dopo morirà, infarti bollati come attacchi di panico, pazienti che non vengono rianimati finchè non arrivano in ospedale, anziani con demenza senile maltrattati. Mancanze gravi, gravissime, da parte di tre medici del pronto soccorso di Cecina. Che hanno spinto il sindaco Samuele Lippi a rivolgersi furente all’Asl ma anche a raccogliere tutto il materiale e consegnarlo direttamente in procura per le dovute indagini. Il primo cittadino conferma ma non scende nei dettagli: «E’ vero, ho ricevuto segnalazioni di alcuni fatti gravissimi e ho fatto il mio dovere di cittadino e soprattutto di sindaco nel portarli all’attenzione delle autorità competenti». Lippi viene chiamato in causa qualche mese fa, prima dell’estate. I problemi con i tre medici del pronto soccorso vanno avanti da troppo tempo, anni, ci sono stati diversi episodi che hanno costretto anche i volontari della Pubblica Assistenza a scrivere all’Asl per denunciare il comportamento del medico a bordo dell’ambulanza. Eppure nessuno prende provvedimenti. Ma quando tutto questo arriva al sindaco Lippi lui non ci vede più, tra l’altro in quelle settimana era esploso anche il caso dell’infermiera accusata degli omicidi di Piombino, e va a sbattere i pugni sul tavolo. Il risultato è che nessuno di questi tre medici è più in servizio al 118 di Cecina, per ora almeno: in due casi si tratta di contratti ‘a tempo’, uno dei quali ha rinunciato e ha lasciato il posto mentre l’altro è stato spostato, demansionato, a Livorno; il terzo invece, una dottoressa, è stata sospesa per tre mesi dall’Asl in attesa che venga fatta luce sugli episodi che sono stati raccontati. E se nei primi due casi forse si può trattare di errori (si può morire di attacco di panico?), nel terzo, quello per cui è scattata la sospensione, sembra esserci qualcosa di più. In almeno due episodi il medico si è rifiutato di scendere dall’ambulanza, omissione di soccorso ancor più grave ovviamente se si tratta di un medico in servizio: succede nel 2013 quando una donna viene investita da un treno mentre raccoglie asparagi lungo i binari: il medico si rifiuta di scendere dall’ambulanza per soccorrerla nella galleria scatenando la reazione del presidente della pubblica assistenza, Romano Giovannini, che scrive al direttore sanitario, allora Giustarini (siamo nel 2014), che però nega che siano mai arrivate segnalazioni in questo senso e la cosa finisce lì. Eppure i casi ci sono e si ripetono: il rifiuto di uscire con l’ambulanza forse solo perché mancano 15 minuti alla fine del turno, volontari della pubblica assistenza di Rosignano che raccolgono firme per chiedere di non trovarsi più a lavorare con quel medico. L’ultimo eclatante episodio è dello scorso maggio: un cacciatore colpito da fuoco amico, tredici fucilate nel petto. Per l’uomo molto probabilmente non ci sarebbero state comunque speranze ma il medico anche stavolta si rifiuta di scendere dall’ambulanza. Segnalazioni in realtà ce n’erano evidentemente: quando il sindaco Lippi si infuria vengono raccolte le relazioni fatte dal primario, il dottor Pennati, che più volte aveva già fatto presente il problema. Eppure solo adesso sembrano essere state prese in considerazione e comunque solo per una sospensione temporanea. E poi?