Livorno, 25 febbraio 2011 - A DARE L’ALLARME è stato il vescovo monsignor Simone Giusti che, partecipando ad un convegno, ha riferito che solo il 60% dei bambini livornesi non fa la prima comunione. E appena il 40% arriva alla cresima. Daiti sui quali occorre riflettere perché se è pur vero che le chiese livornesi la domenica sono piene, e che gli stessi livornesi sono conosciuti in tutta Italia come comunisti-mangiapreti ma ligi alle tradizioni religiose e devoti alla Madonna di Montenero, è accertato che solo la metà dei bambini riceve il sacramento della prima comunione. «Se noi facciamo il confronto tra quelli che sono nati dieci anni fa e quelli che passano la prima comunione — dice don Placido Bevinetto vicario urbano e parroco della chiesa della Madonna — si capisce bene che c’è una bella differenza.

 

E se alla prima comunione arriva solo il 50% dei bambini, alla cresima la percentuale è ancora inferiore». I motivi? «Sono molte le dinamiche soprattutto familiari che influiscono su questo dato — dice don Placido, 40 anni — il problema principale è che le famiglie sono sempre più impegnate e non trovano tempo per portare i bambini al catechismo. Con l’arrivo di monsignor Giusti il catechismo, per fortuna, è ritornato a quattro anni per la comunione e due anni per la cresima». Don Placido fa il confronto con altre regioni d’Italia: «Purtroppo si è persa la solennità di certi momenti. In Sicilia, in Calabria, nel sud dell’Italia in genere, tutti i bambini vengono battezzati e tutti ricevono i sacramenti. Mentre a Livorno si pensa che certe cose si possono fare anche quando si è grandi, magari quando si vuol celebrare il matrimonio in chiesa».

 


ECCO CHE C’È TEMPO per il calcio, per la danza e per andare in piscina ma non si trovano quaranta minuti per andare al catechismo
. «Nella mia parrocchia ci sono circa novanta bambini che frequentano il catechismo ma è sempre complicato trovare un giorno che vada bene a tutti. Purtroppo dobbiamo adeguarci agli impegni dei genitori che cercano occasioni per parcheggiare i loro figli». Il ruolo della famiglia è fondamentale anche nel cammino dei bambini con la fede. Così mentre il martedì ed il giovedì le stanze della chiesa della Madonna ospitano le lezioni di catechismo, il sabato pomeriggio si trasformano nell’oratorio che dà spazio a lezioni di cucina, di teatro e di canto. «I bambini fanno merenda — racconta don Placido — con le torte che loro stessi producono e ci mettono una grande passione a lavorare la farina». Seguiti, ovviamente dai volontari laici che li accompagnano in questo percorso di crescita. Sempre movimentate le messe della domenica mattina: «Ci sono tanti bambini che frequentano la prima e la seconda classe elementare — racconta don Placido — ma il problema arriva dopo la cresima. Solo il 30% rimane in parrocchia, il resto si disperde».

 


ALLA BASE ovviamente la famiglia alle prese con i suoi piccoli grandi problemi. «Ci si lamenta che il catechismo dura troppi anni — continua il parroco — ma si tratta di 28 incontri all’anno di circa quaranta minuti. Non credo che sia molto il tempo che la chiesa cattolica prende ai piccoli per la catechesi lo studio di quello che vuol dire essere cattolici». Tra l’altro in un momento come questo avere la certezza che esistono luoghi come gli oratori dove i ragazzi si trovano, si divertono e fanno anche cose utili resta una garanzia. «Oggi è sempre più difficile trovare ambienti propositivi — aggiunge il parroco — dove si formano anche dei valori. I giovani sono tecnologici, sanno stare al computer si scambiano messaggi incomprensibili via sms ma non sanno più comunicare tra loro. Non vedo ragazzi con una grande spina dorsale e questo è preoccupante». Ecco che le parrocchie dovrebbero essere vissute anche come luogo di ritrovo delle famiglie. «Non si impone niente — chiude don Placido — ma si crecse insieme con dei valori».