Giovedì 25 Aprile 2024

Claudia, l’infermiera coraggio. Nel mondo a combattere Ebola

Dall’ospedale di viale Alfieri a 10 anni di missioni umanitarie

Infermiera coraggio

Infermiera coraggio

Livorno, 28 novembre 2014  - DALLA GUERRA in Iraq a quella in Afghanistan, da Haiti al Burundi. E adesso in Congo per curare Ebola. Ne ha viste davvero tante Claudia Marinelli, infermiera dell’ospedale di Livorno che dal 2004 ad oggi ha fatto parte di moltissime missioni umanitarie. Morte e devastazione, sono all’ordine del giorno, ma lei parla delle sue incredibili esperienze sempre col sorriso sulle labbra.

«Era il mio sogno andare in giro per il mondo ad aiutare le persone che soffrono – ha detto – e appena mi sono separata, ho tirato fuori il sogno dal cassetto. Ormai mia figlia aveva 20 anni e non dovevo più starle dietro continuamente e così 10 anni fa decisi di partire per il mio primo viaggio». Croce Rossa, Emergency e Medici Senza Frontiere sono le tre grandi associazioni alle quali Claudia Marinelli si è affidata.

E in questi lunghi, difficili, anni ogni occasione è stata buona per partire. «Sono infermiera del pronto soccorso di Livorno dal 1998, ma dal 2004 alterno il lavoro in ospedale con quello nei vari paesi in difficoltà. Chiedo permessi, mi faccio mettere in aspettativa e recupero le ferie arretrate. E poi vado ovunque ci sia bisogno». In questi 10 anni non ha mai smesso di lavorare un istante. «Nel 2010 mi sono addirittura licenziata per potermi solo dedicare alle missioni umanitarie. Ma 2 anni dopo sono tornata al “mio” pronto soccorso. Quando vado fuori mi occupo di chirurgia da guerra e traumatologia. Insegno anche a fare l’infermiera alle ragazze del posto, anche se in molti casi sono loro che insegnano a me. La prima vera ustione che ho medicato, non l’ho certo vista qui a Livorno».

I RISCHI in quei paesi fanno parte del gioco, ma la Marinelli non è assolutamente spaventata. «Ho sempre amato le emergenze ed è per questo che partecipo a queste missioni. Non è certo una questione economica, visto che ricevo lo stesso stipendio che prendo al pronto soccorso. È una gratificazione indescrivibile sentirsi ringraziare dalle persone che sono guarite. Non ho mai avuto paura, eppure in Afghanistan mi sono trovata da sola tra le montagne. E più volte sono capitata in città che venivano bombardate. Ma finché la gente capisce che sei un operatore sanitario, ti tratta con il massimo rispetto». Se in passato le missioni riguardavano paesi in guerra, oggi ci si concentra sui posti dove malattie e malnutrizione causano quotidianamente centinaia di vittime. «Sono stata in Burundi in un ospedale per le emergenze ginecologiche e ho lavorato anche in un punto urgenze in Congo. Lì morbillo e poliomelite sono malattie che colpiscono ancora». E poi è arrivata anche la missione Ebola. «Volevo partire lo scorso febbraio per 3 mesi, ma non mi hanno mandata perché a Livorno mancava personale. Allora ho deciso di andare a settembre, recuperando dei giorni di ferie. Sono andata praticamente un mese insieme ai Medici Senza Frontiere del Belgio. Dopo un corso teorico sulla malattia siamo volati in Congo. A differenza di Guinea, Liberia e Sierra Leone, in Congo la situazione non è sfuggita di mano. Sanno come trattare Ebola. Su questa epidemia si sono dette tante cose, molte delle quali sbagliate.

Al nostro corso invece ci hanno dato poche informazioni ma chiare. È un virus termolabile come lo era anni fa l’Hiv. Basta un comune disinfettante per non aver paura e infatti nessuno di noi si è infettato. È una malattia sconosciuta che fa paura. Ma ne esistono di peggiori che uccidono molte più persone, la scienza deve adeguarsi». Anche Livorno, comunque, è attrezzata. «Se arriva un caso sospetto, va portato subito al reparto di malattie infettive. E i medici chiamano immediatamente l’ospedale di Firenze. Noi facciamo affidamento a loro, in caso di Ebola. È lì la stanza di isolamento più vicina».