A tu per tu con Lucarelli: «Il futuro? In mano ai soliti»

Conclusa l’avventura da allenatore del Tuttocuoio, l’ex bomber amaranto torna a Livorno da imprenditore E parla a «La Nazione» dei suoi progetti e del suo pensiero sulla città, la politica, il porto

Cristiano Lucarelli

Cristiano Lucarelli

Livorno, 3 maggio 2016 -

Calcio e porto sono i suoi mondi, e visto che il Tuttocuoio ha deciso di esonerarlo a due giornate dalla fine del campionato, al momento Cristiano Lucarelli guarda più alle banchine che ai campi verdi. «In questo periodo – ci dice Lucarelli – continuerò a lavorare nel porto almeno finché ce lo permetteranno, poi seguirò qualche allenatore per aggiornarmi e imparare nuove metodologie di allenamento».

Come vede il futuro del porto di Livorno?

«Se lo sono già assegnato i soliti noti. Purtroppo ci sono pochi spazi per i nuovi, per la livornesità, per un maggior senso di appartenenza. Viviamo praticamente in un regime di monopolio, nel quale nessuno ci mette il cuore e questa è la cosa che più dispiace. Da quando ho iniziato questa nuova sfida, mi si sono presentate diverse opportunità di crescita che avrebbero portato anche a nuove assunzioni, ma tutto è stato stoppato in partenza perché disturbiamo».

Altro tasto dolente: e il futuro del Livorno?

«Il pareggio di Cagliari è stato una buona iniezione di fiducia, almeno per arrivare ai play out. Comunque la strada è dura...».

Come è oggi il rapporto con la sua città?

«Molto tranquillo, salvo rari casi nei quali sono stato tirato in ballo in situazioni create ad arte per minare la mia immagine perché ero troppo ingombrante, ma non ci sono completamente riusciti. Tutti i giorni ricevo testimonianze di riconoscenza per quello che ho fatto, in campo e fuori».

Come legge l’attuale fase politica?

«Seguo con grande interesse l’avventura di Nogarin, anche se non l’ho votato. Però c’era bisogno di qualcuno che facesse le cose visto che la città è ferma al palo da diversi anni proprio per quello che dicevo prima, perché se tocchi gli interessi di qualcuno si ferma subito tutto».

Se potesse tornare indietro, cosa non rifarebbe?

«Con il senno di poi è facile dire che non rifarei certi errori, invece credo che anche questi siano utili a crescere e migliorare. Per questo mi tengo anche gli errori, visto che mi hanno aperto gli occhi. Mi viene in mente una frase che mi diceva Aldo Spinelli: “Se non ti vuoi inimicare, non fare del bene e non prestare”».

Tornando al calcio, è più stressante fare il calciatore o l’allenatore?

«L’allenatore, senza dubbio. Oggi per fare il calciatore basta avere la fidanzata velina, allenarsi bene e fare una vita sana per avere successo. Da allenatore, invece, sei il fulcro di tutto, hai 24 giocatori ma in campo ne mandi 11 e gli altri sono scontenti, i presidenti parlano sempre dopo la partita e mai prima, per arrivare ai tifosi e ai procuratori: quanti ne ho mandati gentilmente a quel paese il lunedì mattina...».

Cosa farà da grande?

«Spero di poter continuare a dare da lavorare a 40 persone come facciamo da anni. Parallelamente sogno di allenare a grandi livelli e sono contento della gavetta e delle musate prese perché mi fanno crescere in fretta».