Giovedì 25 Aprile 2024

Anime schiave del cellulare

Il direttore de La Nazione Marcello Mancini risponde ai lettori

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

Firenze, 18 dicembre 2014 - CARO DIRETTORE, ormai siamo circondati, anzi assaliti dall’invadenza dei telefoni cellulari. Non c’è più luogo o momento in cui non si sentano squilli importuni o persone che parlano, spesso a voce alta, gesticolando. Poi si scopre che hanno l’auricolare. Bene ha fatto quel prete di Napoli a schermare la sua chiesa per renderli inoffensivi... Mimmo Gnutti, via mail

 

LEGGENDO la sua lettera, mi è tornata in mente quella simpatica battuta alla Charlie Brown: «Fermate il mondo, voglio scendere». Il telefonino ci ha preso la mano, e ha polverizzato la cultura della conversazione. Non dialoghiamo più. Se ci troviamo da soli in ascensore con una persona sconosciuta, non azzardiamo un «buongiorno» o un sorriso, più facile che guardiamo il cellulare e ignoriamo il fugace compagno di viaggio. La pigrizia prende il sopravvento sulla buona educazione e certo non incoraggia la socializzazione. Le confesso che avevo abbandonato l’orologio da polso, tanto l’ora potevo osservarla sul cellulare. Ma l’ho recuperato proprio per non farmi annichilire fino all’estremo. I rimedi? Certo che l’idea di schermare alcuni luoghi per dissuadere l’uso del telefonino non è male. Anche impedirne l’uso in Chiesa, in modo coatto, può contribuire a invertire questa pessima abitudine. C’è però il pericolo che l’abitudine sia ormai così morbosa, da prevalere perfino sulle ragioni dell’anima. Siamo caduti così in basso che forse vale la pena di correre il rischio.