Venerdì 19 Aprile 2024

La guerra (poca) al traffico d’armi

Il direttore de La Nazione Marcello Mancini risponde ai lettori

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

Firenze, 28 novembre 2014 - EGREGIO DIRETTORE non condivido la tesi secondo cui il terrorismo è difficile da fermare e che per combatterlo serve l’invio di truppe perché ormai siamo in guerra. Ma non sarebbe più semplice bloccare l’invio delle armi a questi terroristi, visto che le nazioni che producono si possono contare sulle dita? U. Cucumia

IL TRAFFICO illegale di armi è una storia infinita che nessuno è riuscito a cambiare. Una proliferazione inarrestabile, soprattutto nel Medioriente, dove si registra quasi il 40 per cento delle importazioni mondiali di armamenti. Le fonti maggiori sono nei Paesi asiatici,per lo più in Cina, India, Pakistan, Indonesia, Filippine, oltre ai Paesi dell’est, dove gli arsenali furono accumulati durante gli anni della Guerra fredda. Il mercato cresce anche grazie a connivenze governative che coltivano sporchi interessi, ignorando quelli della comunità mondiale. La responsabilità ricade poi su controlli molto deboli, per cui diventa facile aggirarli attraverso il passaggio da mostre internazionali, organizzate da compagnie private dove la trasparenza è un optional. Il mercato delle armi leggere, secondo un’indagine del settore, genera ogni anno almeno 4 miliardi di profitti. Forse molti di più. Strapparli sotto il naso a chi se li mette in tasca e sgominare il giro, sarebbe la strada per eliminare il male alla radice. Un suggerimento da condividere ma per il quale è consigliabile non farsi illusioni.