Pompei, simbolo dell’Italia in rovina

Lettere a La Nazione - Risponde il direttore Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis, direttore della "Nazione"

Pier Francesco De Robertis, direttore della "Nazione"

Firenze, 10 agosto 2015 - CARO DIRETTORE, ho visto quanto accaduto a Pompei in questi giorni, quando la «Grande palestra» è stata inaugurata e subito chiusa. Mi pare davvero assurdo che un Paese come il nostro abbia un tesoro così grande e non riesca a valorizzarlo. Quasi non ce lo meritiamo. Stefano Agresti, Sinalunga

CARO AGRESTI, il caso di Pompei, anzi, i molti «casi Pompei» accaduti in questi anni sono l’emblema, il triste emblema dell’Italia e del sud in particolare. Sono il simbolo di una grande occasione non colta, di un tesoro sprecato, come dice lei quasi «non meritato». Pompei è in assoluto l’opera d’arte più bella del mondo, un tesoro unico che il nostro Paese non sa salvaguardare e valorizzare. Immagini che cosa ne avrebbero fatto gli americani o i tedeschi se ne avessero avuto anche solo una strada.... Pensi poi che una gran parte della città di Pompei, quella che fu distrutta dall’eruzione del Vesuvio, è ancora sotto il tufo e la lava, interamente da scavare. Pensi quanti tesori potrà ancora contenere. E giustamente nessuno si decide a togliere da sotto terra, perché lì almeno si conserva, come lo è stato per l’altra, quella «emersa» per circa 1800 anni. L’Italia è coperta dalla lava e della polvere che non ha il coraggio di togliersi di dosso.