Educare i bulli senza carabinieri

Il vicedirettore della Nazione risponde ai lettori

Il vicedirettore de La Nazione, Mauro Avellini

Il vicedirettore de La Nazione, Mauro Avellini

Firenze, 30 maggio 2015 - CARO DIRETTORE, ho sentito che hanno mandato i carabinieri in un istituto superiore dove una studentessa di colore è stata pesantemente offesa da alcuni compagni. Anche se il fatto è grave mi sembra un’iniziativa abnorme e soprattutto un segno di debolezza da parte della scuola. Ma non c’erano altri modi per sistemare tutto? Carla M., via mail

MI PIACEREBBE vedere prenderli per le orecchie dai genitori quei ragazzi che hanno scritto i pizzini razzisti alla compagna senegalese. Magari mandarli a pulire i cessi della scuola, costringerli a pubbliche scuse. Ma i carabinieri che sequestrano i telefonini, che confrontano la grafìa degli studenti di una classe intera, che analizzano prove i cui risultati arriveranno solo fra qualche mese (con quali costi?) mi sembra davvero eccessivo.  Posto che il nostro codice prevede la non imputabilità sotto i 14 anni e che fino ai 18 spetta al giudice decidere se uno è «maturo» per poter essere condannato, di quale reato si parla? Serve una punizione, un percorso di rieducazione, quello che volete. Ma ancora una volta il mondo degli adulti, a casa e a scuola, non pesa le azioni, non ne valuta le conseguenze, non condivide le responsabilità, non si avvicina ai ragazzi per capire, ma delega alla forza pubblica la stupida fragilità di un gruppo di adolescenti maleducati. Brutta lezione.