La Spezia, 25 giugno 2014 - AGIRONO per legittima difesa. Non c’è dubbio per il gip Diana Brusacà, che ieri mattina ha firmato l’archiviazione del fascicolo aperto nei confronti dei due carabinieri spezzini indagati per l’ipotesi di reato di eccesso colposo di legittima difesa per la sparatoria avvenuta nella notte del 5 ottobre scorso che portò alla morte di Angelo D’Imporzano. L’ex arsenalotto sparò all’indirizzo dei carabinieri che lo stavano accerchiando nei pressi del cancello dell’ex Ip; i carabinieri risposero al fuoco dello stalker e lo uccisero: agirono per legittima difesa, per non essere ammazzati e per salvare dall’uomo l’ex moglie, alla quale aveva poco prima sparato, e anche per evitare che sotto i suoi colpi potessero cadere dei passanti che incrociavano in via Fontevivo. È la tesi, questa, che era stata avanzata un mese fa dal pm titolare dell’inchiesta, Giovanni Maddaleni, in sede di richiesta di archiviazione, e che è stata sposata dal gip del tribunale spezzino. D’Imporzano venne trafitto da tre proiettili partiti dalle pistole d’ordinanza dei militari dell’Arma. Venne colpito alla mano destra (quella con la quale impugnava la rivoltella dalla matricola abrasa), alla coscia destra e al torace — il colpo che fu fatale — ma tutto ciò avvenne dopo che D’Imporzano sparò all’indirizzo dei carabinieri. Una successione di eventi ricostruita fedelmente dalla ricostruzione della sparatoria effettuata dalla Procura, che poggia oltre che sull’incrocio delle testimonianze dei colleghi degli indagati presenti sul posto, anche sugli esiti dell’autopsia svolta dalla dottoressa Susanna Gamba e sui dati emersi dalla perizia svolta dal consulente balistico Stefano Conti, dell’Istituto di scienze criminalistiche dell’Università di Torino. I due carabinieri, entrambi assistiti dall’avvocato Paolo Munafò, in questi mesi hanno continuato a lavorare regolarmente: nessun provvedimento nei loro confronti, piuttosto la grande solidarietà espressa in questo periodo non solo dai colleghi con i quali condividono il lavoro nell’Arma, ma anche dai vertici del comando provinciale.

M.Mar.