di Guido Baccicalupi e Claudio Laudanna

Carrara, 13 marzo 2014 - “QUANDO L’HO girato è morto tra le mie braccia”: è una testimonianza choc quella di Davide Cocchi, collega di lavoro di Bruno Mannella, ennesima vittima della montagna. Le Alpi Apuane lo hanno strappato alla vita in una mattinata primaverile, dopo una “passeggiata” sul Sagro a scattare foto irripetibili. Cocchi è stato il testimone oculare della tragedia assieme alla moglie Monica che ha dato subito l’allarme mentre il marito cercava un disperato salvataggio. “Io facevo da apripista e stavamo scendendo da un sentiero abbastanza agevole — racconta con un filo di voce — c’era anche mia moglie che mi seguiva e Bruno era ancora un po’ più indietro. Ad un tratto me lo sono visto scivolare davanti, come fosse su uno slittino; non è riuscito a fermarsi, c’erano dei sassi, la neve e della terra che hanno deviato la traiettoria. Lui è così precipitato in una specie di avallamento, finendo nel vuoto.  E’ precipitato per un centinaio di metri, una caduta lunga un pendio: mentre mia moglie chiamava i soccorsi, io mi sono calato nel dirupo e sono riuscito a raggiungerlo in 4-5 minuti: speravo di trovarlo ancora vivo, invece appena l’ho sollevato ho capito che era morto. Sono stati momenti terribili, mi è crollato il mondo addosso”.

E’ stata forse una “crosta” di ghiaccio formatasi nella notte sul sentiero che da Foce di Pianza raggounge il Monte Sagro, a causare la tragedia: “Alle undici meno venti, dopo circa due ore di cammino — aggiunge Davide Cocchi — siamo arrivati in vetta. Tutti e tre siamo appassionati di fotografia e non ci siamo fatti sfuggire l’occasione per scattare delle foto panoramiche. La giornata era stupenda. Appena ci siamo incamminati per la discesa, sempre sul solito sentiero, è accaduto l’irreparabile. I soccorsi sono arrivati subito, l’elicottero del 118 ci ha localizzato in breve tempo ma è stato tutto inutile. Sono disperato, io e mia moglie non riusciamo a capacitarci di come possa essere accaduta una tragedia del genere. Abbiamno rispettato tutte le regole, anche Bruno era una persona prudente e meticolosa quando andava in montagna”. Bruno, massese di via Poggiolo, era molto conosciuto e ben voluto in città dove aveva tantissimi amici. Separato dalla moglie, viveva assieme alla madre e ogni giorno si divideva tra Massa e La Spezia dove lavorava come operaio alla Termomeccanica dove era arrivato dopo una lunga esperienza alla Eaton. Aveva una sorella. Tra le sue passioni, oltre alla montagna, a cui si dedicava con grande entusiasmo, anche il volontariato alla Misericordia di Massa.


«NON ERA uno sprovveduto». Tra i primi ad arrivare sul luogo dell’incidente dopo che era stato lanciato l’allarme c’era anche Gianni Scaffardi, gestore del rifugio Cai Carrara di Campocecina e membro del Soccorso Alpino. «Io sono partito dal rifugio dopo aver ricevuto la chiamata del capo squadra e quando sono arrivato sul luogo dell’incidente c’erano già gli specialisti dell’elisoccorso — racconta Scaffardi —. Da quello che ho visto è scivolato per diverse centinaia di metri, giù verso il sentiero che passa sopra i Capannelli. Non so cosa sia successo — aggiunge —, ma di certo si vedeva che né lui né i ragazzi che erano con lui erano degli sprovveduti, erano attrezzati per percorrere quel sentiero». «Appena abbiamo ricevuto la segnalazione del 118 — spiega invece il capo stazione del Soccorso Alpino Claudio Giannoni — ho subito allertato le squadre per il recupero e in cinque uomini sono partiti per andare a soccorrerlo. Purtroppo, però, quando sono sul posto sono arrivati gli uomini di Pegaso era già chiaro che per la vittima non c’era più nulla da fare e così a noi non è rimasto altro da fare che tornare indietro». «E’ caduto per più di cento metri lungo un pendio con un’inclinazione di 45 gradi — spiega il personale dell’elisoccorso appena tornato alla base del Cinquale —. Questa caduta non gli ha lasciato scampo».