Castelnuovo Magra,  15 marzo 2013 - UNA VIOLENZA inaudita, troppa per liquidare come una rapina finita nel sangue la morte di Marisa Morchi. Aveva 77 anni, una casalinga di altri tempi, che curava la sua casetta rimasta sempre uguale mentre via Palvostrisia, nella piana di Castelnuovo Magra, vedeva crescere palazzine, ville, capannoni. Una «brava donna» che accudiva galline e conigli, ascoltava le discussioni del suo merlo indiano, ogni giorno preparava il pranzo per la figlia che all’una e mezza usciva dal lavoro all’ufficio anagrafe del Comune.

 

E’ stata proprio quell’abitudine a far correre la figlia Laura Palma, ex vigile urbano, quando ieri non ha trovato i piatti pronti. La scena che si è trovata davanti agli occhi era più terribile dei pensieri pessimistici che le erano passati per la testa in quelle poche centinaia di metri che separano la sua casa da quella della madre. E’ riuscita ad attaccarsi al minimo di lucidità che le è rimasto per chiamare i carabinieri. Difficile trovare parole delicate per descrivere la morte di una donna martoriata da almeno una decina di colpi assestati con tanta violenza da amputarle una mano. Intuibile il lago di sangue nel quale hanno dovuto muoversi poi i carabinieri della scientifica per trovare tracce dell’assassino. Tutto il resto è un mistero, un giallo del quale il sostituto procuratore Luca Monteverde non ha voluto fornire il neppur minimo dettaglio. L’arma? Un’accetta, o forse una roncola, ma potrebbe essere anche un falcino.

 

Il perché? Una rapina finita nel sangue, un ladro sorpreso in casa e riconosciuto, ma l’aumento della criminalità comune potrebbe non avere nessun legame con la morte di Marisa Morchi. Non ha dovuto forzare né porta né finestre l’assassino, non ci sono tracce evidenti di un furto interrotto e niente sembra sia sparito dalla casa della donna. Una lite potrebbe esserci stata, lei forse ha cercato di proteggersi.

 

In attesa che oggi arrivino gli specialisti del Ris di Parma i carabinieri hanno raccolto tutti gli elementi «sospetti», anche una gallina morta trovata lungo via Palvotrisia, a pochi metri dal luogo del delitto, degli indumenti recuperati in un bidone della spazzatura. Hanno cercato di ricostruire il tragitto dell’assassino, sia per arrivare nella casetta al numero 37, sia per scappare, di certo in fretta per cancellare velocemente il sangue di Marisa che non è riuscito ad evitare. Hanno ascoltato i vicini per recuperare dettagli che la loro memoria magari aveva cancellato perché «normali», hanno interrogato i familiari, a partire dalla figlia. E continuano a cercare l’arma, forse un attrezzo da agricoltore che l’assassino ha trovato nell’orto accanto alla casa dove Marisa è stata vista, viva, per l’ultima volta poco prima delle undici.
 

Emanuela Rosi