La Spezia, 2 agosto 2011 - ESCALATION di tensioni attorno alle vicende del Gruppo Baglietto, in concordato preventivo e in attesa della ’cessione’ degli asset, per l’auspicato ritorno alla produzione nei cantieri navali della Spezia, Varazze e Pisa, la salvaguardia dell’occupazione di 150 dipendenti (attualmente in cassa integrazione) e per il ristoro dei creditori, esposti complessivamente per oltre 150 milioni di euro, con i chirografari che, se tutto andrà bene, incasseranno solo il 18 per cento di quanto vantano.

 

Il ’siluro’ scagliato nei confronti del liquidatore Federico Galantini da parte della Camuzzi - (socio al 96 per cento del gruppo) che lo aveva nominato oltre un anno fa per presentare la proposta di concordato al Tribunale, per il passaggio di mano del marchio e dei beni e che ora lo sollecita a farsi da parte - alimenta ulteriori incertezze sul futuro dopo le denunce incrociate fra Giuseppe Balducci e il liquidatore stesso, col primo che ha fatto marcia indietro lamentando che, al momento del rogito, erano emerse condizioni diverse rispetto a quelle per le quali decise di formalizzare la proposta di acquisto.

 

Di ieri la notizia, trapelata da fonte sindacale accompagnata da valutazioni sospettose e intrise di sconcerto, di un rapporto diretto d’affari fra Galantini e l’assuntore del concordato Baglietto, Jean Frey: sono soci in una società costituita, nell’agosto del 2010, in Lussemburgo, quindi prima che Frey fosse agganciato nel ruolo di assuntore del concordato - omologato dal tribunale sulla soglia dei 40 milioni di euro - con garanzia di provvedere al saldo al di là dell’importo di 30 milioni di euro per il quale Balducci aveva avanzato la proposta di acquisizione.

 

UN’OPERAZIONE, quella della società in comune, che allunga ombre sull’esito della gara dello scorso settembre? Di sicuro il tribunale, che con la vigilanza dei commissari Luca Sodini e Rosanna Ghirri ha monitorato l’operato di Galantini, non è intenzionato ad irrompere sulla scena: la sconfessione del liquidatore da parte di Camuzzi è un atto interno alle dialettiche previste dal codice civile e i rapporti pregressi tra liquidatore e Frey non inficiano la procedura giudiziaria. Lo spettro del fallimento torna a rialeggiare, nella misura in cui si stringono i tempi per arrivare alla cessione degli asset, l’unica strada per attuare il concordato e dare continuità produttiva agli stabilimenti, le cui concessioni demaniali scadono alla fine dell’anno.

 

IERI LA Camuzzi ha rilanciato l’urgenza della convocazione dell’assemblea dei soci - fissando per l’8 agosto il termine ultimo - per procedere alla revoca del liquidatore del Gruppo Baglietto e amministratore della Baglietto Snca. Ma Galantini, che dovrebbe provvedere alla convocazione, non considera urgente procedere all’adempimento che gli compete. Ieri, ad esempio, ha presentato ai commissari giudiziali Rosanna Ghirri e Luca Sodini due nuove proposte di acquisto degli asset giuntegli nei giorni scorsi, ravvisando in essi gli interlocutori primari con cui interfacciarsi nella prospettiva di ’salvare’ le realtà produttive, l’occupazione e tutelare i creditori.

 

«E’ importante che continui a fare la mia parte, avendo avviato le nuove trattative, che sono promettenti» dice il ragioniere. «No, Galantini deve andarsene, al più presto; finora si è rivelato inconcludente; ha solo creato problemi al raggiungimento di una soluzione: è bersagliato dalla denuncia penale di Balducci è alle prese col contenzioso sull’escussione delle fidejussioni», dicono dal fronte della Camuzzi dove si spinge per far entrare in gioco, a trattare con gli aspiranti compratori, «persone che godono di piena fiducia»: Giovanni Grazzini e Giulio Andreani, il primo liquidatore del Gruppo Camucci, il secondo già consulente per l’istanza di concordato.

 

Grazzini intanto domanda polemico: «Come mai nelle comunicazioni alle società che dovevano presentare l’offerta per rilevare i complessi aziendali era stata richiesta, in prima battuta, una fidejussione bancaria di 30 milioni di euro e successivamente, invece, è stata accettata una fidejussione della cordatata Balducci/Frey di soli 6 milioni e 250mila euro, che peraltro non si riesce ad escutere? Perché non sono stati informati gli altri aspiranti acquirenti dell’operazione dimagrante alla fidejussione?».