La Spezia, 5 maggio 2011 - «Chi ha sparato al mio bambino deve pagare. Quello che è successo è inconcepibile, chi ha a che fare con le armi sa benissimo che deve maneggiarle con cura e tenerle fuori dalla portata dei bambini».

E’ un uomo distrutto, il padre del 13enne albanese ferito gravemente da un colpo di pistola ieri pomeriggio mentre si trovava nell’abitazione di una vicina di casa, in un condominio di via Picco. Aspetta impaziente, assieme agli altri due figli, che da qualche medico o dalle infermiere possa arrivare la notizia tanto sperata.

Più distante, seduta sulle panchine del piccolo atrio del secondo piano del padiglione di chirurgia, la madre si tiene la testa tra le mani. Piange, rincuorata dai tanti familiari che sono accorsi al Sant’Andrea, e ancora non si capacita di quello che è successo al suo piccolo. Sentimenti di rabbia e speranza si sono alternati senza soluzione di continuità negli stati d’animo e nelle parole dei familiari, in un pomeriggio di tensione che per loro è stato interminabile.

Un colpo di pistola ha rischiato di bruciare l’esistenza di un adolescente nel pieno della vita, con tanta coglia di conoscere il mondo. Quella voglia di conoscenza che quasi quotidianamente lo spingeva dalla vicina di casa, per giocare a computer e navigare sul web. Anche ieri, quando si è consumato il drammatico incidente, il giovane albanese era alle prese con il pc della donna.

Sono le quattro e mezza quando lo sparo squarcia il tranquillo pomeriggio di gioco del ragazzino, che frequenta il secondo anno di una scuola media della città.

Dalla pistola calibro 7,65, regolarmente detenuta da Barbara Giovacchini, ex guardia giurata, impiegata fino a otto mesi fa in un’agenzia di sicurezza con sede a Genova, parte un colpo che lo ferisce gravemente. I soccorsi del 118, la disperata corsa in ospedale, la tac e la lunga operazione per l’estrazione del proiettile, rimasto conficcato nella cavità pleurica del polmone destro.

Nel frattempo in via Picco arrivavano le volanti, la squadra mobile e la scientifica: diapositive di un pomeriggio diventato un incubo per la famiglia albanese. Il padre, che stava lavorando assieme ai due figli maggiori in un cantiere edile di Santo Stefano di Magra, appena appresa la notizia si è precipitato in ospedale. Non si dà pace, cammina nervosamente, scuote la testa. E chiede giustizia: «Una tragedia inspiegabile, che doveva essere evitata. In Albania ho fatto per vent’anni il militare, e quando ti mettono un’arma in mano la prima regola che ti insegnano è di maneggiarla con cura. e di pulirla rispettando i criteri di sicurezza. In tutta la mia carriera non ho mai assistito a disattenzioni simili, ed è successo ora a mio figlio: per questo ora chi ha sbagliato deve pagare».

E' lui che chiede informazioni ai medici, ed è lui che informa i familiari. E parla di suo figlio, e di quella passione per internet che spesso spingeva il giovane studente a recarsi dalla vicina. «Noi non abbiamo il computer con la connessione a internet, ma al ragazzo piaceva tanto, soprattutto per giocare e per imparare nuove cose — spiega il padre —. Non mi sarei mai immaginato che potesse succedere una cosa simile, ma mio figlio è forte e so che ce la farà».

Arrivata in Italia nel ’98, la famiglia si era traferita nel condominio di via Picco solo da un paio di anni.

Al termine dell’intervento chirurgico il ragazzo è stato trasferito in rianimazione. Contemporaneamente in questura veniva ascoltata, fino a tarda sera, l’ex metronotte.

 Secondo quanto è stato possibile apprendere, il dramma sarebbe maturato in conseguenza di un evento accidentale: il colpo sarebbe partito mentre la donna, che era vicino al ragazzo per dargli la merenda, maneggiava la pistola, forse con l’intenzione di pulirla, o più probabilmente per mostrarne il funzionamento all’adolescente. In ogni caso la donna, nei confronti della quale al momento non sono stati assunti provvedimenti, ma che rischia una denuncia per omessa custodia d’arma da fuoco e per lesioni personali colpose, era convinta che la pistola fosse scarica.