La Spezia, 25 marzo 2011 - La macchina dell’accoglienza si è già messa in moto. Le indicazioni emerse a margine della conferenza Stato-Regioni sulle strategie da mettere in campo per far fronte all’emergenza scatenata dalla crisi libica sono ancora frammentarie. Eppure su tempi, numeri e modi con i quali potrebbe declinarsi l’assistenza ai profughi offerta dal territorio spezzino, cominciano a trapelare alcune indiscrezioni. E i nomi che circolano, a indicare i siti che potrebbero essere scelti per allestire i campi di accoglienza, sono tutt’altro che scontati. Accanto a soluzioni già ‘accarezzate’ in occasione di precedenti dibattiti, in primis quella di ex Maricentro, si delinano infatti altre ipotesi: una per tutte quella dell’Arsenale.

 

Non abbiamo ancora a che fare con vero e proprio dossier, ma siamo comunque di fronte a soluzioni maturate nell’ambito di operazioni di ricognizione avviate in ambienti istituzionali per individuare i siti compatibili con l’elenco dei requisiti fornito dal ministero degli Interni. Le indicazioni emerse nel corso del vertice che si è tenuto martedì scorso a Roma suggeriscono infatti di privilegiare ambienti esterni idonei a ospitare una tendopoli e, possibilmente, aree già insfrastrutturate, e quindi dotate di allacciamenti per la fornitura di acqua potabile ed elettricità. Quanto ai numeri il calcolo è per il momento soltanto appossimativo: il piano del Viminale prevede interventi per fronteggiare un flusso di circa 50mila profughi.

 

La quota ipotizzata per la Regione Liguria è di duemila persone e, assumendo come parametro il rapporto tra superficie e popolazione residente, nella provincia spezzina protrebbero affluire, in caso di emergenza, dai 3 ai 400 libici. Su questo tema il canale di confronto che il Viminale ha aperto con il territorio è duplice: il monitoraggio prevede nel primo caso la mediazione di Regione e Provincia ed è finalizzato all’individuazione di proprietà pubbliche e private idonee all’allestimento della tendopoli, nel secondo caso il lavoro di coordinamento è svolto invece dalla Prefettura e focalizzato sulle aree demaniali. Il primo filone non ha dato al momento grossi risultati in termini di apertura. Il Comune della Spezia, già interpellato, ha comunicato che non esistono sul territorio aree infrastrutturate idonee allo scopo. Nell’ambito della ricognizione sarebbero state prese in considerazione altre tre ‘piazze’: l’ampio parcheggio dietro il capannone che ospitava il mobilificio ‘Gerardo’ a Sarzana, e altri due siti, uno affacciato sul Golfo e l’altro localizzato in Val di Magra, sui quali però è naufragata ogni ipotesi di accordo.

 

La prefettura, stando a quanto riferito da fonti tradizionalmente impegnate nell’opera di assistenza ai civili, avrebbe invece avviato un canale diretto di confronto con la Marina militare per l’utilizzo di spazi aperti di proprietà demaniale: tra le ipotesi prese in considerazione ci sarebbero anche il cortile interno della caserma Duca degli Abruzzi e un non meglio precisato luogo compreso entro il perimetro dell’Arsenale. Le fonti ufficiali preferiscono non addentrarsi in particolari. «Siamo in una fase interlocutoria — sintetizza l’assessore regionale alle politiche sociali, Lorena Rambaudi (nella foto) —. Venerdì (oggi per chi legge, ndr.) il problema sarà affrontato in giunta, poi la Regione si farà carico di avviare un serio percorso di confronto con Comuni, Province e Prefetture». Anche il sindaco della Spezia esprime una chiara posizione.

 

«La nostra città — premette Federici — non dispone di luoghi idonei allo scopo. Parlare di accoglienza senza fare chiarezza sui numeri e sulla tipologia di intervento comporta il rischio di generare confusione e allarmismo. Il Governo — prosegue il sindaco — dovrebbe innanzitutto chiarire quali condizioni si prospettano per il territorio chiamato a ospitare i profughi e dovrebbe dire a chiare lettere chi pagherà e con quali risorse l’assistenza messa in campo. E’ indispensabile inoltre che ci sia una chiara assunzione di responsabilità: sarebbe spiacevoli, infatti, trovarsi a fronteggiare sul piano locale una battaglia con le stesse forze politiche promotrici dell’iniziativa sul piano nazionale».