Giovedì 18 Aprile 2024

Termomeccanica, lezione di business. "Non delocalizzo e assumo i giovani"

La Spezia, Enzo Papi guida una multinazionale con fatturato super

Enzo Papi (Frascatore)

Enzo Papi (Frascatore)

La Spezia, 17 gennaio 2015 - Ricerca e innovazione. Queste le due parole che hanno permesso alla Termomeccanica di dotarsi di linee di prodotto complete e che l’hanno portata ad occupare una posizione «all’altezza» delle grandi multinazionali con le quali si confronta nel mondo. «Perché a vincere – dice un disteso Enzo Papi, artefice di quello che è considerato un caso (anche per la diffusa partecipazione azionaria, dipendenti compresi) da studiare nelle università – è la credibilità tra chi è in possesso delle più incomparabili tecnologie». E il pensiero corre sempre più al frontex che evoca competitor di Stati Uniti, Giappone, Germania.

Le società operative di punta del Gruppo sono Termomeccanica Ecologia (Tme) e Termomeccanica Pompe e Compressori (Tmp), due società con storie diverse e oggi con prospettive diverse. All’ecologia ingegneristica, impiantistica e gestionale si era affidato il rilancio fino a quando l’Italia ha scelto di privilegiare il sistema delle municipalizzate e ha obbligato al ‘riorientamento’ verso l’estero di Tme arrivato ormai all’85 per cento del fatturato.

Con quali conseguenze per voi?

«Per noi e per il Paese. L’Italia ha scelto il controllo pubblico, dunque gli utenti (che pagano a prescindere), invece del controllo del mercato, cioè i clienti che pagano per le prestazioni richieste. E obbligandoci ad accentuare la decisa virata verso il mercato internazionale che rappresenta oggi l’85 per cento del fatturato di Tme».

Ben altra storia è quella di Termomeccanica Pompe che tre anni fa fatturava 50 milioni di euro e che aveva posto Enzo Papi di fronte ad un nuovo dilemma...

«Metterla in vendita o rilanciarla investendo sulla credibilità di una aziendache dimostra di diventare moderna».

L’uovo di Colombo è stato il recupero di una linea produttiva che una vecchia scelta politica aveva dirottato dalla allora Termomeccanica Italiana alla nascente Nuova Pignone: l’Oil & Gas.

«Tre anni fa avevamo capito che la sola linea acque, rimasta in Tmp, non sarebbe bastata. Ci dicevano però che il mondo Oil & Gas era impenetrabile. Onde per cui chiedere finanziamenti, in una fase di declino industriale, sarebbe stato folle. Ma a noi l’irragionevole piace. Non abbiamo venduto ma abbiamo potenziato il service e nel contempo avviato il recupero dei progetti finiti nel cassetto per rifare tutte le pompe Oil & Gas. Siamo entrati in quel mondo che ci avevano detto chiuso e tre anni dopo Tmp ha un fatturato 120 milioni che viaggia verso i 200 milioni , significativi nella persistente fase di declino».

Una politica industriale e commerciale dei piccoli passi?

«No, tutt’altro, è quella che gli americani chiamano il salto della rana. Fai il salto per trovarti al momento giusto al posto giusto e a noi sta succedendo, grazie a un grande lavoro di squadra di tutte le componenti». Proprio come nella marea nella vita degli uomini che colta al flusso porta al successo nel shakespeariano Giulio Cesare. Sorride e annuisce l’Enzo Papi cultore oltre che di economia industriale anche di storia e di letteratura e non rinuncia a puntualizzare: «In Tmp il fatturato è oggi al 30% sull’acqua e al 70% sull’Oil & Gas con prospettive di forte crescita nei mercati internazionali di riferimento, Paesi Arabi, India, Iraq, Stati Europei, Cina e Russia». Ed è impaziente di chiudere il cerchio: «Ce lo dicevamo tre anni fa che con la sola linea delle pompe per l’acqua non ci avremmo campato».

Tecnologia avanzata?

«Ovvio. Abbiamo tracciato un futuro solido per l’azienda che contnua ad assumere giovani assicurando nel contempo al Paese Italia il controllo e il presidio di una tecnologia d’avanguardia nella fluidodinamica».

Assunzioni sempre aperte per i giovani: in che settori?

«Meccanica, elettronica, meccatronica, la branca dell’ingegneria dell’automazione per integrare la meccanica, elettronica e informatica».

Qual è la formula che fa scuola?

«Penso che la strada giusta non sia né la delocalizzazione né il trasferimento all’estero di aziende ma sia una rete di insediamenti che mettano al riparo dalle instabilità politiche e sociali dei Paesi e contrastino la finanziarizzazione dell’economia per sua natura assai volatile, attenti dunque a dove va e come va il mondo. In una parola diventare non internazionali ma multinazionali».

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