Travolto dal treno sotto l'effetto di coca: un indagato per la morte dello studente

Gli fornì la droga gratuitamente. E lui, alterato, 'sfidò' il convoglio. "Non fu suicidio"

Un treno (foto generica d'archivio)

Un treno

La Spezia, 14 ottobre 2014 - ERA sotto l’effetto della cocaina lo studente minorenne che la sera del 28 maggio del 2013 morì travolto da un treno merci che attraversava i binari nella zona di Melara. Si lanciò verso di esso in uno stato di alterazione psicofisica. con un’erronea sensazione, tipica nei consumatori di «neve» ai timidi esordi: di onnipotenza e invulnerabilità. Insomma, sfidò il treno, lanciandosi verso di esso, convinto che nulla gli sarebbe accaduto, che sarebbe riuscito a saltare dall’altra parte dei binari, senza conseguenze. Un gioco. Un tragico gioco. Una sorta di roulette russa. E’ questa, a poco più di sedici mesi dalla tragedia, la ricostruzione dei fatti che emerge dagli atti dell’inchiesta condotta dal pm Claudia Merlino e sviluppata sul campo dai carabinieri della Compagnia di Sarzana.

Nessun suicidio, dunque. Questa ipotesi che, insieme a quella della disgrazia, aveva preso le mosse nell’immediatezza dei fatti è stata smentita dagli accertamenti passati da un notevole lavoro investigativo svolto dai militari dell’Arma. Ciò ha permesso di ricostruire cosa avvenne in quella tragica sera di primavera. Il riserbo, sui dettagli, è assoluto. Ma intanto si impone una notizia: la notifica dell’avviso di conclusione indagini all’uomo di 36 anni, A.F., che cedette la droga al giovane 17enne, che frequentava l’Istituto professionale Domenico Chiodo. Il reato contestato è quello di morte come conseguenza di un altro reato, previsto dall’articolo 586 del codice penale. La cessione della cocaina, secondo quanto ricostruito dall’accusa, sarebbe avvenuta nel pomeriggio del 28 maggio.

Una cessione gratuita, senza nulla pretendere al ragazzo, probabilmente con un obiettivo: avviarlo alla dipendenza, per tenerlo in scacco. La consumazione avvenne insieme ad alcuni amici. I carabinieri sarebbero arrivati a loro ritessendo il traffico telefonico di quella sera. La raccolta delle loro testimonianze non è stata facile. Qualcuno avrebbe fatto muro. Finendo a sua volta dei guai. L’indagine ha poi permesso di allargare il tiro su un altro spacciatore, di origine magrebina. A tutti è stato inviato l’«avviso» che dà la possibilità di presentare memorie difensive e chiedere di essere interrogati per respingere le accuse.

Hanno tempo venti giorni per compiere la mossa. All’opera per l’acquisizione degli atti si sono intanto gli avvocati Elena Boracchia, Luigi Pace e Salvatore Stelitano. La svolta non è ancora nota ai familiari della vittima che già, all’esito dell’autopsia, avevano appreso la notizia che la droga era alla base della tragedia e, per questo, attraverso l’avvocato Alessandro Silvestri, si erano raccomandati agli inquirenti di risalire alla fonte, perché altri ragazzi non facciano la stessa fine di loro figlio.