Back to the future, in viaggio con Hrair Sarkissian

Alla Spezia la prima personale italiana del fotografo armeno-siriano grazie a Fondazione Carispezia

Hrair Sarkissian, a sinistra, con Matteo Melley e Filippo Maggia

Hrair Sarkissian, a sinistra, con Matteo Melley e Filippo Maggia

La Spezia, 28 novembre 2015 - HRAIR Sarkissian appare diverso dalle sue foto più caratteristiche. Trasmette calore, vitalità, fiducia nella possibilità che ci sia un (migliore) futuro laddove i luoghi che fissa con il suo obbiettivo inquietano fino all’angoscia, vuoti come sono di ogni presenza umana, scheletri di edifici in un paesaggio lunare. Fotografie che raccontano ciò che è accaduto ieri ma che potrebbe anche essere accaduto domani. “Back to the future”, il titolo della personale inaugurata nella sede di Fondazione Carispezia, è in effetti una contraddizione in termini: il futuro è guardare avanti, il “back”, l’andare indietro – ha spiegato Sarkissian – sta nel fatto che non si è imparato dal passato. La polveriera mediorientale in cui Hrair, 42 anni, affonda le sue radici di persona e di artista è solo uno dei teatri in cui, nel mondo, va in scena questo “back to the future”, questa coazione a ripetere errori contro cui la storia avrebbe dovuto vaccinarci, come popoli e come individui.

NATO a Damasco da famiglia armena fuggita dal genocidio in Turchia agli inizi del ’900, Hrair ha imparato il linguaggio della fotografia nel laboratorio del padre, nella capitale siriana. Per poi formarsi professionalmente in Francia e in Olanda. Utilizza una fotocamera analogica 4x5 e ne ricava immagini che sono molto più di una foto. Dal 2011 vive a Londra, la città più cosmopolita di questa vecchia Europa troppo spesso afona di fronte alle devastazioni del mondo. Ma a Damasco resta la sua famiglia. E la Damasco di oggi è raccontata in una delle sue opere più struggenti: immagini in sequenza del modello in scala della casa in cui è cresciuto che, fotogramma dopo fotogramma, viene demolita. Bombe, suggerisce l’immaginazione. Non un corpo, niente sangue, ma ugualmente tutta l’angoscia della violenza di una umanità che torna al passato nelle sue forme peggiori. Speranza? La si ricava dall’autore di queste narrazioni: lui, figlio di una comunità cristiana condannata alla diaspora dalle persecuzioni, è nato e cresciuto nella Repubblica Araba di Siria, un paese complesso di radice islamica dove, nondimeno, molti armeni trovarono vera accoglienza. E’ a questo passato di convivenza e tolleranza che si dovrebbe tornare, perché è stato possibile viverlo.

QUELLA inaugurata ieri alla Spezia è la prima mostra personale dedicata in Italia all’artista armeno-siriano. Si tratta, ha spiegato il presidente di Fondazione Carispezia Matteo Melley, di una nuova tappa nel percorso, avviato nel 2014 con la mostra realizzata insieme alla Fondazione Robert Kennedy, teso «a valorizzare la fotografia contemporanea come strumento di conoscenza dei mutevoli aspetti e complessità presenti nella nostra società». Una scelta non casuale: la fotografia è un linguaggio che più di altri è in grado di parlare anche ai giovani, un atto di cultura che può arrivare dove diversi strumenti di conoscenza fanno fatica ad essere accolti. “Back to the Future”, a cura di Filippo Maggia e visibile sino al 21 febbraio 2016, presenta 86 fotografie e un video. Hrair Sarkissian è stato fra i protagonisti del padiglione “Armenity”, vincitore del Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale alla 56ª Biennale di Venezia.