«L’oro del treno dei nazisti alle famiglie dei civili trucidati»

Affondo del legale per ottenere i risarcimenti dalla Germania

Forse ritrovato l'oro dei nazisti

Forse ritrovato l'oro dei nazisti

La Spezia, 27 settembre 2015 - «BLOCCATE quel treno carico d’oro!». Niente a che vedere con il trasporto, in questo caso. Si tratta dell’invito al sequestro di carattere internazionale, un affondo che porta la firma del consigliere comunale e avvocato Enrico Conti. Da anni in prima linea nella difesa dei familiari delle vittime delle stragi naziste, il legale spezzino punta oggi il suo obiettivo sul presunto tesoro di preziosi nascosto dal Terzo Reich su un convoglio dato per ritrovato in Polonia e, a quanto pare, in fase di localizzazione. Conti fa leva sulla sentenza del tribunale militare di Roma che condannò la Germania al risarcimento dei parenti delle vittime (oltre a dichiarare colpevoli di ergastolo nove soldati tedeschi). Il legale difende 29 parenti delle 104 persone – bambini, donne e anziani – trucidate da nazisti il 19 agosto del 1944 a Valla di San Terenzo Monti, nel Comune di Fivizzano. Un appello il suo che idealmente va in difesa delle migliaia di civili morti ammazzati barbaramente durante la ritirata delle truppe di Hitler in Italia e in tutta Europa. Conti ha fatto la sua prima mossa a livello politico: in qualità di consigliere comunale (è esponente del Pd) ha presentato una mozione in cui invita la giunta e il sindaco ad attivarsi presso il presidente della Repubblica, il ministero degli Esteri e di Giustizia e l’europarlamentare spezzino Brando Benifei. La richiesta è quella di avviare le pratiche legali per il sequestro del treno, ‘tornato’ dall’oblio, e del suo carico d’oro per dare esecuzione alle sentenze italiane che la Germania non vuole riconoscere. Un caso difficile sotto il profilo giudiziario. «La Corte internazionale dell’Aja – spiega Enrico Conti – ha dato nel frattempo ragione alla Germania. Questo orientamento tende a separare le responsabilità del governo de Terzo Reich da quello dei governi ad esso succeduti. Ma una nuova pronuncia della Corte costituzionale ha ora riaperto il caso». Manrico Parma