Sottufficiali molesti, altolà del gip: sospesi dal lavoro per le ‘palpate’

La misura cautelare disposta per il rischio di reiterazione dei reati / I MILITARI SI DIFENDONO: "SOLO DISCIPLINA"

MAGISTRATI Il giudice per le indagini preliminari Diana Brusacà

MAGISTRATI Il giudice per le indagini preliminari Diana Brusacà

La Spezia, 25 febbraio 2015 - NON È STATA convincente la tesi degli «atti equivocati» data dai due sottufficiali della Marina Militare in servizio al Varignano per difendersi, in sede di interrogatorio di garanzia, dall’accusa di violenza sessuale contestata a motivo dei gesti molesti nei confronti di sette marinaie addette ai servizi di guardia nella base e in forza al Reggimento San Marco, al pari dei superiori. Arrampicate sugli specchi, secondo il gip Diana Brusacà che invece ravvede nelle dichiarazioni rese dalle marinaie agli investigatori del Nucleo Operativo dei Carabinieri per la Marina - chiamati dai vertici del Comando Marittimo dell’Area Nord a svolgere accertamenti dopo la ricezione a novembre di un esposto anonimo - gli indizi gravi e concordanti del reato che giustificano la misura cautelare dell’interdizione dal servizio a tempo indeterminato nei confronti del maresciallo L.B. di 55 anni e del sergente L.F. di 35 anni, al di là della prospettazione temporale di due mesi indicata dal pm Federica Mariucci nella sua richiesta. Un surplus di severità, dunque, ancorata, nella parte motiva del provvedimento, alla ripetitività dei fatti reato accertati dagli operatori della Compagnia dei carabinieri per la Marina, di è cui comandante il colonnello Luciano Passera. Una ripetività – complessivamente 30 gli episodi agli atti, circa 3 o 4 per parte lesa, nell’arco di otto mesi, dal febbraio all’ottobre scorso - che rende plausibile ipotizzare il rischio di reiterazione dei reati; non comunque nei confronti delle marinarie che li hanno subiti, visto che, dopo l’esposto, sono state trasferite in Arsenale. Le rivelazioni sul modus operandi - mani allungate sui seni e sul fondo schiena con la scusa di aggiustare la divisa, sostenere la salita nelle camioniette o mettere nella corretta posizione il fucile durante le prove di tirato; strusciamenti di soppiatto, avances spinte e anche la prospettazione che l’ottenimento delle licenze dal servizio era condizionato, dal superiore, con la corrispondenza agli appetiti sessuali - costituiscono un quadro indiziario pesante che ha indotto il gip ad allontanare dal servizio i due inquisiti.

INSUFFICIENTE la destinazione ad altro incarico disposta dai vertici militari nei confronti di due indagati per evitare incontri ravvicinati col personale femminile: da alcune settimane prestano servizio nell’ambito degli uffici amministrativi, sempre nel comprensorio del Comsubin (Comando Subacquei ed Incursori), dove lavorano solo colleghi maschi.

Ieri i carabinieri hanno notificato le ordinanze del gip ai militari: al più anziano nella base del Varignano, all’altro nella sua abitazione di Afragola, nel Napoletano, dove si trova in licenza.

I rispettivi avvocati difensori - Enzo Macera per il primo, Andrea Corradino e Silvia Rossi per il secondo - stanno già lavorando alla messa a punto dei ricorsi al Tribunale del riesame nel tentativo di ottenere l’annullamento della misura. Sul più giovane pende anche un ordine di trasferimento per motivi di servizio in Sicilia, nella base di Melilli. Un ordine «impugnato» al Tar, attraverso l’avvocato Giorgio Leoni che eccepisce nel provvedimento un eccesso di potere, in considerazione delle giustificazioni poste (le ragioni di servizio) ritenute di facciata per coprire il motivo reale, prettamente punitivo. Il legale ha chiesto la sospensiva dell’ordine di trasferimento. L’udienza deve ancora essere fissata.