Morte dell'avvocato, il testamento nell'occhio del ciclone

Per la procura fu frutto di plagio. E’ il documento su cui fu presentata la denuncia che ha innescato l’inchiesta

Marco Corini con la compagna Isabò Barrack

Marco Corini con la compagna Isabò Barrack

La Spezia, 16 febbraio 2016 -  Eccolo l’atto dell’intrigo: il testamento firmato dall’avvocato Marco Corini, datato 18 settembre 2015, una settimana prima della morte causata – è l’accusa dei pm – dall’iniezione di sedativo da parte della sorella Marzia. Secondo la procura, questo testamento sarebbe frutto di plagio: lo avrebbe scritto Marzia, aiutata dall’avvocato Giuliana Feliciani (totalmente estranea al capo di imputazione relativo all’omicidio), e fatto firmare al fratello.

Per questo testamento entrambe le donne sono accusate di circovenzione di incapace ma anche della distruzione o occultamento del testamento olografo redatto dall’avvocato nel luglio 2015. Quello con cui – secondo Isabò Barrack, convivente di Marco Corini – l’avvocato avrebbe escluso la sorella della successione, con l’intenzione di lasciare proprio alla compagna gran parte del suo patrimonio. In questo quadro, secondo la Procura, Marzia, per mettere le mani sul patrimonio, sarebbe arrivata al punto di uccidere il fratello.

Il testamento presenta alcune cancellature. Con esso, si dispone che vada «a Isa Barrack, mia convivente, la casa sita in Ameglia, via Camisano compresi arredi e suppellettili», fra i quali ci sono anche alcune opere d’arte di grande valore; a Isa vanno anche «la somma di un milione di euro, depositata presso la Banca Ponti di Genova e le somme depositate presso la banca Carige di Caniparola (importo imprecisato, ndr)».

A seguire c’è scritto che Corini lascia alla sorella Marzia un milione di euro, alla mamma Eliana 300mila euro, alla «mia amica e collega» Giuliana Feliciani 400mila euro e 200 mila «alla mia amica Susanna Cacciatori»: il nome di Susanna viene scritto sopra alcune parole cancellate. Vengono lasciati 30mila euro a Stefania Tognoni, domestica di casa Corini. E poi una stranezza: torna in ballo Susanna Cacciatori, con l’attribuzione di 70mila euro, previa cancellatura di due parole.

Alla procura, per procedere per il reato di falso, è bastato certificare, con perizia, che calligrafia dello scritto e firma non appartengono alla stessa mani. La pubblicazione del testamento, chiesta dalla sorella e dalla madre di Marco Corini, è stata curata da un notaio che non aveva il compito di verificarne l’autenticità ma solo quello della certificazione di rito che la mamma dell’avvocato presta «piena, totale e irrevocabile adesione ed acquiescenza alle disposizioni stabilite dal defunto signor Corini Marco Valerio alle quali si obbliga a dare corso, rinunciando espressamente a qualsiasi azione, eccezione o riserva al riguarda». Una sottolineatura obbligata perché questo testamento viola la cosiddetta “legittima”, cioè la quota spettante di diritto alla madre: un terzo del patrimonio. La madre dichiara di volersi attenere alle volontà del figlio.

Ma sei giorni dopo l’avvocato Barbara Vallini, legale di Marzia Corini, invia la lettera ad Isa, con l’invito a prendere contatto «al fine di valutare l’opportunità del futuro e imminente radicarsi del giudizio destinato a far acclarare le nullità del testamento».

Un colpo di scena: Marzia minaccia di far rilevare il vizio formale nel testamento olografo pubblicato dal notaio: scritto e firma sono redatti da mani diverse. Se il testamento viene annullato ad Isa non andrà niente. C’è poi il nodo della “legittima” non rispettata alla madre. E così prende corpo l’atto consensuale di integrazione della legittima: è certificato il 19 novembre dal notaio Scrufari. Isa rinuncia a casa e a 450mila euro, le altre parti alla metà di quanto indicato nel testamento falso, tranne Marzia, alla quale va un milione di euro. Villa e soldi tolti agli altri eredi vanno alla madre dell’avvocato. Di cui Marzia è unica erede. Quando basta per indurre gli inquirenti a ritenere l’esistenza di un disegno.