Finto cieco? No, solo incosciente. Guidava l’Ape nei suoi campi

In archivio il fascicolo per truffa aperto dopo le riprese filmate

L'avvocato Virgilio Angelini legale dell'ipovedente acrobata

L'avvocato Virgilio Angelini legale dell'ipovedente acrobata

La Spezia, 7 ottobre 2015 - NON HA truffato lo Stato. Pensione di invalidità e assegno di accompagnamento ottenuti erano legittimi, in relazione al deficit visivo sofferto. La sua colpa? Essere incosciente. Sì perchè di imprudenza e non di raggiro si trattava. Come è emerso all’esito dell’inchiesta sul «finto cieco». La vicenda risale a qualche anno fa. Le immagini delle ‘prodezze’ di Amedeo P., sulla settantina, erano finite sui tg nazionali: era stato ripreso al volante di un motocarro Ape mentre percorreva una strada sterrata all’interno dei campi di sua proprietà, nella zona del Felettino. Si trattava della «prova» a supporto della denuncia per truffa ai danni dello Stato spiccata nei suoi confronti dai carabinieri che, dopo averlo ripreso con la telecamera nell’ambito di uno screening sulla legittimità delle pensioni di invalidità erogate alla Spezia nel 2008, lo bollavano come «finto cieco», partendo dal presupposto logico dell’impossibilità, per un non vedente, di mettersi alla guida di un veicolo. Avevano ragione loro, sul piano della rivelanza indiziaria dei fatti e quindi della legittimità di dare corso all’inchiesta.

Ma anche Amedeo aveva i suoi buoni motivi per rigettare con tutte le sue forze le accuse, con una tesi di fondo che suonava così: «Il beneficio economico mi è stato riconosciuto attraverso una pluralità di visite mediche. Sono ipovedente. Percepisco ombre e luci. Quanto mi basta per poter percorre col motocarro una strada dritta, in discesa, per recarmi nei campi che ho vicino a casa a coltivare, ad accudire galline e conigli...». L’avvocato difensore Virginio Angelini si è preso a cuore la storia: ha raccolto la documentazione medica per dimostrare lo stato di ipovedenza, ha raccolto elmenti sul modus operandi nei campi dell’assistito, sui calcoli che aveva fatto sulla distanza a cui si veniva a trovare in relazione ai secondi di movimento del motocarro indotti dalla discesa libera e quindi alla necessità o meno di frenare per arrivare al luogo voluto: vigne, orto, pollaio. E, viceversa, sulle manovre che l’assistito compiva per girare e tornare, col motore acceso, al punto di partenza, girando l’acceleratore manuale in rapporto ai tempo necessario per compiere il tragitto. Il pm Tiziana Lottini, dal suo canto, ha disposto una consulenza tecnica. Ed è approdata al convincimento: nessuna truffa ai danni dello Stato, solo una surplus di sensibilità nella percezione degli spazi da parte dell’ipovedente, frutto dell’esperienza maturata nel convivere col deficit visivo importante e legittimamente certificato. Pensione di invalidità e assegno di accompagnamento non si toccano.

Corrado Ricci