Svolta nel giallo del pedofilo ucciso. L’osso del bosco è di un animale

Nei guai la 53enne che raccontò della vendetta del padre dopo gli abusi

SOPRALLUOGO I vigili urbani nel bosco di Campiglia per dinapanare il giallo del pedofilo ucciso

SOPRALLUOGO I vigili urbani nel bosco di Campiglia per dinapanare il giallo del pedofilo ucciso

La Spezia, 21 marzo 2017 - Consegnato ai vigili urbani presentandolo come un osso del pedofilo che, secondo il racconto della madre, aveva abusato di lei e che, per questo, era stato ucciso dal padre e da lui poi sepolto nel bosco di Campiglia, cinquanta anni fa. Roba da far tremare i polsi e scatenare i giallisti assetati di horror. Tranquilli: quell’osso non appartiene ad una persona umana ma ad un animale. Lo hanno certificato gli esperti del laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale Sant’Andrea. La relazione sarà depositata oggi in procura. Ma già l’indiscrezione è arrivata al palazzo di giustizia dove, in conseguenza del report della Polizia Municipale, il pm Federica Mariucci aveva ritenuto di andare fondo, non tanto per accertare le responsabilità del presunto reo, deceduto 35 anni fa, e pertanto escluso dal verdetto della giustizia terrena, ma, nel caso di un riscontro, indagare su eventuali complici.Tutto questo, visto l’esito del test, o non accadrà. E se la giustizia riterrà di coltivare il caso sarà solo per aprire un fascicolo per procurato allarme in capo alla donna. Lei, contattata telefonicamente, una volta appreso che l’iniziativa muoveva da un giornalista, ha risposto: «Niente da dire; arrivederci». E ha interrotto la comunicazione. Timore a rimettere in piazza quanto già trapelato? Paura dell’effetto boomerang delle sue dichiarazioni?

Intanto, ricostruiamole. La donna, una 53enne spezzina, da molti anni residente in Svizzera, aveva fatto la rivelazione ad una solerte operatrice dei servizi sociali del Comune della Spezia, da essa convocata per discutere del futuro del fratello gemello, in cura al Servizio di igiene mentale dell’Asl, dopo la morte della zia che lo accudiva e che lo aveva nominato unico erede.

LA DONNA aveva passato in rassegna la sua storia e quella della famiglia, che risiedeva a Campiglia, nei pressi di una batteria anti-aerea: padre allevatore di cani di razza (cosiddetti segugi del Giura), morto nel ’72, madre casalinga deceduta nel 2007, fratello epilettico. Ad un certo punto la rivelazione choc: «Venti anni fa, quando avevo 33 anni, seppi da mia madre che ero stata violentata da un pedofilo, amico di famiglia, quando avevo 3 anni. Mi disse solo il suo soprannome: Sardina. E che mio padre lo uccise, per vendicarmi, seppellendolo nel bosco. Mi portò proprio lì a vedere il luogo della sepoltura. Lì raccogliemmo un osso; da quel momento l’ho sempre tenuto con me. Se volete, potete farlo periziare...». Quanto è bastato per indurre l’assistente sociale ad informare i vigili urbani. E questi hanno dato il là all’indagine, senza particolare affanni. L’inchiesta è passata dal sopralluogo della donna nell’area dove recuperò l’osso. é andata a colpo sicuro.

Nel frattempo i vigili urbani sono risaliti all’identità di «Sardina». Un uomo, chiamato con quel nomignolo, è morto e sepolto, dopo regolare funerale. «Ma chissà con quel soprannome quanti altri uomini un tempo si facevano chiamare» era stata la riflessione degli investigatori non intenzionati a mollare la presa. Ora arriva l’esito degli esami di laboratorio. Fine dell’indagine per omicidio. Poi si vedrà...

Corrado Ricci