Disabile per colpa dei medici, 4 milioni di danni a bambina

L’errore in sala parto certificato dalla perizia disposta dal giudice

Un reparto di maternità (Newpress)

Un reparto di maternità (Newpress)

La Spezia, 9 dicembre 2016 -  Quattro milioni di euro. Una somma necessaria per risarcire danni fisici, sofferenze psicologiche e bisogno di cure indotti da un errore medico. E’ il quantum dell’accordo per la transazione della causa legale intrapresa da due genitori spezzini contro l’Asl e gli operatori sanitari ritenuti responsabili della disabilità della figlioletta. Questione di danni irreversibili arrecati in sala parto alla creatura che, cinque anni fa, venne alla luce; di sofferenza pregressa, attuale e futura della piccola e di disagi, sostenuti con la forza dell’amore, di mamma e papà; questione anche di spese mediche da sostenere per accompagnare lo sviluppo della bimba e la sua esistenza quando diventerà donna e avrà sempre bisogno di assistenza. Di fronte al rischio di doverne versare di più, le assicurazioni dell’Asl (Zurig) e degli operatori sanitari citati in giudizio (Unipol Sai) hanno ritenuto di cogliere la disponibilità dei genitori, assistiti dall’avvocato Franco Biggini e Flavia Bigliardi, a chiudere la vertenza sulla soglia dei quattro milioni di euro, là dove la richiesta arrivava fino a sette. Si tratta del più grande risarcimento per disabilità indotta da errore medico mai riconosciuto in Italia; al di là delle stesse tabelle del Tribunale di Milano.

La ragione c’è ed ha pesato come un macigno sul tavolo nella trattativa: il riferimento è al faldone di circa mille pagine con relazioni e documenti di supporto al calcolo dei danni patrimoniali e non patrimonili (esistenziali e morali) conseguenza dell’errore medico che ha minato la vita della bimba. La piccola è costretta a muoversi con l’ausilio di una carrozzina a causa delle gravi e permanenti lesioni neurologiche sofferte dal giorno in cui venne al mondo. Lesioni da porre in relazione di nesso causale con quanto avvenuto in sala parto, al Sant’Andrea: ginecologo e ostetrica di turno non si accorsero dell’asfissia perinatale della piccola evidenziata dai tracciati e non adottarono le misure obbligate dal caso, a cominciare dal ricorso al taglio cesareo. Quanto sostenuto dai genitori si è fatto verità processuale, per effetto della perizia effettuata dal professor Claudio Zauli su incarico del giudice Laura Rotolo, davanti alla quale si è sviluppata la causa.

La vicenda era finita, qualche tempo fa, anche vaglio del giudice penale ma la scure della prescrizione si era abbattuta sul reato di lesioni gravissime che era stato contestato al ginecologo (difeso dall’avvocato Paolo Masseglia) e all’ostetrica (assistita dagli avvocati Salvatore Lupinacci e Manuela Bacci) all’esito di un incidente probatorio bis dopo l’accoglimento dell’opposizione dell’iniziale richiesta di archiviazione del fascicolo prospettata dal pm Maurizio Caporuscio. La determinazione del legale di parte offesa, l’avvocato Franco Biggini – che condusse un interrogatorio estremamente incalzante nei confronti del consulente tecnico d’ufficio – portarono quest’ultimo ad ammettere le negligenze sanitarie. Emerse fra l’altro il mancato rispetto del protocollo esistente nel reparto di ostetricia e ginecologia del Sant’Andrea per affrontare la emergenze da parto. Se quello fosse stato applicato, la piccola non sarebbe incorsa nelle lesioni che ora complicano gravemente la sua esistenza.