Morti nel burrone: Fabiol sul colpo, agonia per Nik. Omissione di soccorso?

Gli esiti dell’autopsia sui due cadaveri rinvenuti nell’ex cava

Un'ambulanza nella zona della tragedia. Nel riquadro Fabiol Kycyku, una delle vittime

Un'ambulanza nella zona della tragedia. Nel riquadro Fabiol Kycyku, una delle vittime

La Spezia, 28 maggio 2017 - Fabiol Kycyku è morto sul colpo (o quasi) per le lesioni devastanti sul cranio provocate dalla caduta nel burrone. Nik Ceni ha sofferto prima di esalare l’ultimo respiro: nel suo ruzzolare lungo la scarpata della Litoranea si è fratturato il bacino e altre ossa, ma quando è arrivato in fondo, finendo su un cespuglio dell’ex cava dell’Acquasanta, le lesioni erano tali da permettere al suo cuore di battere ancora. E’ emerso dall’autopsia eseguita ieri dall’anatomopatologa Susanna Gamba sui due corpi dei giovani albanesi che hanno trovato la morte in conseguenza della fuga alla cieca, nel buio, dopo il suono dell’allarme scattato, alle 23 di domenica scorsa, nella villetta che avrebbero voluto razziare. Ladri- mancati nel peggiore dei modi. La circostanza dello scarto temporale (benchè non quantificato e nemmeno quantificabile) fra i due decessi allunga un’ombra pesante sul complice attorno al quale si sta stringendo il cerchio delle indagini coordinate dal pm Federica Mariucci.

Gli investigatori della squadra mobile sono convinti: Fabjol e Nik sono stati accompagnati sul luogo dell’incursione furtiva da un terzo soggetto, a bordo di un’auto. Impensabile che possano essersi avventurati fin lassù – in tuta nera, guanti alle mani, zaino pieno di arnesi per scardinare porte e finestre – a piedi. E poi nessuna auto risulta a loro intestata o, quanto meno, essere stata nella loro disponibilità, magari in prestito. C’era, dunque, un ‘palo’ sulla Litoranea; il complice dei due giovanissimi (apprendisti) ladri, oltre all’accusa di tentato furto, potrebbe così rischiare una contestazione più grave, quella dell’omissione di soccorso.

Forse è stato lui ad indirizzare le ricerche degli amici di Fabjol proprio nell’ex cava dell’Acquasanta dove, mercoledì sera, sono stati localizzati i corpi in fin di vita, e in avanzato stato di decomposizione, dei ragazzi? L’interrogativo resta aperto, ancorato alla portata delle reali conoscenze del ragazzo che abitava con Fabjol alla Chiappa e che ha portato gli inquirenti sulla traccia di Nik. Agli atti ci sarebbe una dichiarazione che, nei suoi fondamentali, suona così: «Lui era venuto da Napoli. L’ho sentito confabulare con Fabjol attorno al progetto di mettere a segno un furto nella zona della Litoranea». E dopo il mancato rientro a casa dell’amico che è stato informato lo zio.

Questo, martedì mattina, aveva presentato denuncia di scomparsa in Questura, per poi lanciare un appello a «Chi l’ha visto?» e al sito online cittadellaspezia. Risale alle 19,50 del successivo mercoledì la telefonata al 115 per sollecitare ricerche nella zona ‘mirata’. E a quel punto che, col ritrovamento dei cadaveri, si è messa in moto la macchina delle indagini, con le due prime ipotesi al vaglio sulle ragioni della presenza dei cadaveri nell’ex cava, ai piedi del burrone: scaraventati lì da qualcuno? Precipitati per errore? L’abbigliamento ha indirizzato nel corso delle ore le indagini sull’ipotesi di una caduta durante una fuga al buio da qualcuno o qualcosa; la circostanza dell’allarme suonato nella villa, messo in relazione anche con lo zaino riempito di oggetti atti allo scasso, ha impresso la svolta. Ieri dall’Albania è giunto il padre di Nik Ceni, non tanto per il rituale del riconoscimento, impossibile per le condizioni di avanzato stato di decomposizione del cadavere, ma per essere sottoposto al prelievo (a mezzo di tampone salivale) del Dna da comparare con quello della vittima; ci vorranno quindi ancora dei giorni per la certificazione-sigillo dell’identificazione certa.