Morì ‘frustato’ dal compressore: "Errori nel montaggio"

Incidente sulla Margottini: si allunga l’elenco degli indagati

Il fratello di Luciano Stiffi durante un’azione dimostrativa sotto il tribunale

Il fratello di Luciano Stiffi durante un’azione dimostrativa sotto il tribunale

La Spezia, 28 novembre 2016 - Due errori di montaggio dell’impianto ad aria compressa costituiscono altrettante concause dell’incidente mortale avvenuto il 5 maggio 2013 sulla fregata Margottini a Fincantieri: a perdere la vita fu un operaio di una ditta dell’indotto, Luciano Stiffi, 43 anni di Ameglia, dipendente della Teknilavori, ferito da un colpo di frusta di un tubo dell’impianto ad aria compressa. La verità emerge all’esito della consulenza tecnica svolta dall’ingegner Pilade Fiorini incaricato dal pm Maurizio Caporuscio di ricostruire la dinamica dell’incidente.

L’operaio, impegnato nella rimozione di un compressore, all’atto di sconnettere un tubo dal circuito, fu colpito dallo stesso. Forse credeva che l’impianto in quel punto fosse isolato, che fossero chiuse le valvole che disciplinano il passaggio dell’aria compressa. Di sicuro, con una chiave pappagallo, si mise a sconnettere un raccordo; ma bastò un mezzo giro di chiave per innescare la fuoriuscita, violentissima, del getto di aria compressa, che provocò il colpo di frusta del tubo, con effetti letali sul cranio dell’operaio. Colpa di un giunto cosiddetto ad anello tagliante montato non correttamente, ossìa al contrario. Se infatti il montaggio fosse stato a regola d’arte, al primo giro di chiave, sarebbe uscito un forte sibilo che avrebbe messo sicuramente in allarme il tubista. Non solo: se la tubazione fosse stata fornita di ulteriori punti di ancoraggio, secondo le procedure standard, il tubo, seppur sconnesso, sarebbe stato «trattenuto». Il consulente del pm ritiene che la Margottini uscì da Fincantieri gravemente difettosa.

Una circostanza non emersa in fase di collaudo e nemmeno nell’elenco dei 1800 interventi da effettuare in cantiere nei lavori di garanzia. Non è un caso che, dopo i risultati della consulenza, il pm abbia dato mandato a Marivigilanza, l’ente della Marina preposto alla sicurezza, di avvertire lo Stato Maggiore, il Comando Marina Nord e i comandanti delle Freem, dell’anomalìa rilevata, sollecitando controlli a tutti i giunti dell’impianto. Nello stesso tempo ha allungato la lista dei nomi iscritti sul registro degli indagati, indicando anche quello del titolare della ditta che montò il giunto: Salvatore Calascibetta. Va ad aggiungersi a quelli degli uomini posti al vertice nelle varie realtà interagenti nel cantiere di lavoro: Maurizio Avella, responsabile del Consorzio Unitek a cui appartiene la ditta di cui era dipendente Stiffi; il legale rappresentante di quest’ultima, Rosa Pennacchio; Stefano Orlando, direttore dello stabilimento Fincantieri; Andrea Castagno, dirigente tecnico di Fincantieri; Pierpaolo Putrino, nominato da Fincantieri responsabile tecnico con funzioni in materia di sicurezza sul lavoro; Pasquale Esposito, comandante della Margottini; Francesco Greco, capo servizio del sistema-nave. Con l’ingegnere Fiorini hanno interagito i consulenti degli indagati: gli ingegneri Nascetti, Somella, Pucci, Sgrò, Gnecco e Mattarelli in stretto raccordo con i legali che assistono i rispettivi clienti, gli avvocati Tiepiedino, Civitillo, Marrucchi, Pagano, Bacci e Zoppelletto (quest’ultimo legale di parte civile).