Festival della Mente: "Sarzana deve crederci di più"

Matteo Melley, presidente di Fondazione Carispezia, indica i punti deboli: le location non sempre all’altezza e la necessità che la programmazione culturale valorizzi tutto l’anno il tema della creatività

Il presidente di Fondazione Carispezia Matteo Melleyei volontari

Il presidente di Fondazione Carispezia Matteo Melleyei volontari

Sarzana, 14 settembre 2016 - SARZANA è il Festival della Mente e il Festival della Mente è Sarzana: la città deve crederci fino in fondo, ancora di più. Matteo Melley, presidente di Fondazione Carispezia, fa il punto sulla XIII edizione appena conclusa. Che molti hanno già giudicato un successo. Ma come si misura un evento del genere? «Abbiamo in corso un sondaggio – risponde Melley –: ci rivolgiamo direttamente agli utenti del festival, a mente fredda. Vogliamo capire, da chi è stato al festival, che impressione ha ricavato e, in funzione di questo risultato, definirlo un successo oppure no».

Lei che cosa ne pensa? «Da spettatore, posso dire di aver trovato la migliore edizione degli ultimi anni. Sono soddisfatto. Innanzitutto per questa idea del tema che abbraccia molte discipline e consente di dare molte risposte».

Dal punto di vista organizzativo tutto è andato come doveva? «Il festival ha una struttura organizzativa unica nel panorama provinciale e tra le poche a livello nazionale. Gestire con una squadra di giovani, neo assunti in buona parte, questa macchina, con le complessità che ci sono, non è facile».

Difficoltà ce ne sono state? «Un aspetto da migliorare è quello delle location: Sarzana deve fare di più. Ho detto, in maniera un po’ ironica, che mi sarei aspettato che un festival che si occupa del tema dello spazio fosse all’altezza anche in termini di spazi. E riconosco che così non è stato. Abbiamo rimediato a un problema che deve essere risolto: gli spazi più fascinosi che Sarzana aveva, oggi sono venuti meno».

A quali spazi pensa? «Al Chiostro di San Francesco, che deve tornare ad essere un luogo di cultura, con accanto il Talent Garden. E al Teatro Impavidi. L’organizzazione ha sopperito a questi problemi creando nuove location, non alla stessa altezza».

L’organizzazione è comunque promossa? «Aver creato una squadra è uno dei successi: oggi abbiamo una struttura che lavora tutto l’anno per il festival, fatta da giovani, la gran parte dei quali sarzanesi, che possono essere utilizzati non solo per la tre giorni del festival. E questo è il secondo motivo di soddisfazione. E’ una struttura in grado di gestire qualunque altro evento rispettando il budget. Con facile battuta potrei dire che qualcuno potrebbe prendere esempio. Tutti sono pagati e non ci sono spiacevoli strascichi».

Che cosa le è piaciuto di più? «Il festival ha dedicato un approfonditamente al tema dell’autismo. Credo che l’idea che un evento culturale dedicato alla mente possa avere al suo interno anche un appuntamento stabile dedicato ai problemi della mente possa essere un altro dei filoni su cui lavorare per il futuro».

Una raccomandazione alla città del Festival? «Il pubblico di Sarzana è un pubblico affezionato, viene al festival ma ama anche vedere cosa offre Sarzana al di là del festival. Gli eventi collaterali sono un successo. Forse Sarzana dovrebbe fare una scelta. La programmazione culturale dovrebbe caratterizzarsi di più per questo aspetto legato alla creatività che vede il festival come fenomeno trainante ma che potrebbe abbracciare tutto l’anno. Non dimentichiamo le altre iniziative storiche, come l’antiquariato, la soffitta... ma cominciamo a scegliere una linea. ‘ParallelaMente’, senza il festival, non ci sarebbe mai stato, il Talent Garden trovo che sia un’altra espressione di questa linea».