Emissioni, il software era alterato: causa per danni alla Volkswagen

Battaglia di tre automobilisti spezzini. Citata in giudizio anche Bosch

Claudio De Filippi cura le cause contro Wolkwagen

Claudio De Filippi cura le cause contro Wolkwagen

La Spezia, 25 agosto 2016 - Hanno ricevuto la lettera di richiamo della Volkswagen con l’invito a presentarsi in officina per la sostituzione del software-truffa sulle emissioni dei fumi. Ma non ne vogliono sapere di chiudere così la partita sul cosiddetto deaselgate, anzi alzano il tiro della rivalsa nei confronti della casa automobilistica tedesca allargando lo spettro dell’offensiva anche nei confronti della Bosch, fornitrice di parte della componentistica farlocca. Loro sono tre automobilisti residenti in provincia della Spezia, prioprietari ispettivamente di un’Audi, una Golf e una Skoda; uno abita in città, l’altro ad Arcole a l’altro ancora a Levanto. Tutti si sono rivolti all’avvocato Claudio De Filippi per il perseguimento penale della Volskwagen e per l’instaurazione di una causa civile contro di essa tesa al risarcimento del danno patito, stimato sull’ordine del valore stesso delle rispettive auto, prodotte tra il 2009 e il 2011, col sotfwaree taroccato. Le denunce penali sono state presentate alla procura della Spezia; gli atti di citazione per la causa civile sono destinati ad incardinare il processo nella città dove ha sede legale l’«ambasciata» tedesca in Italia del colosso automobilistico tedesco: Verona.

L’elemento di novità dell’iniziativa legale si ancora alle notizie che giungono dagli Usa secondo le quale anchela Bosch è seriamente coinvolta nella vicenda. La tesi accusatoria è stata avanzata dai legali di un gruppo di proprietari di auto del gruppo Volkswagen dotate del software incriminato (che ricordiamo è capace di riconoscere quando la vettura è sottoposta al test di omologazione e quindi regolare il motore nel modo più rispettoso dell’ambiente per poi “liberarlo” una volta terminato il ciclo di rilevazione).Nel corso di una deposizione davanti alla Corte, gli avvocati hanno puntato il dito anche contro la Bosch facendo riferimento a documenti emersi dalle indagini. In base a quanto è stato diffuso dalle agenzie di stampa gli avvocati in questione hanno affermato che alcuni documenti da essi visionati (e peraltro tuttora non resi di pubblico dominio) la Bosch avrebbe “partecipato assieme alla Volkswagen alla massiccia attività decennale illegittima” volta alla realizzazione di quella che in molti non esitano a definire una vera e autentica truffa per aggirare le norme relative alla compatibilità ambientale durante i test di omologazione.

«In particolare - evidenzia l’avvocato Claudio De Filippi - ci sarebbe uno scambio di email tra Volkswagen, Bosch e le autorità americane da cui emergerebbe chiaramente la consapevolezza della Bosch di che cosa gli enti americani preposti alle questioni ambientali approvavano e che cosa invece consideravano illegale. Al proposito le dichiarazioni degli avvocati fanno riferimento ad o una email del 2011 inviata all’ente californiano per la difesa dell’ambiente, che “dimostra la piena consapevolezza della Bosch di cosa le norme americane consentono e che cosa invece non è consentito, oltre a testimoniare di come la Bosch aiutò la Volkswagen ad ottenere l’omologazione”». La tesi dei legali è in contraddizione con quanto da sempre affermato dalla Bosch. Il colosso tedesco della componentistica infatti ha sempre ammesso di aver fornito al gruppo Volkswagen un software capace di “riconoscere” quando la vettura è sottoposta al test di misurazione delle emissioni, ma questo a fini di ricerca e per dei test interni. Non solo: la Bosch ha sempre affermato di aver anche sempre messo in guardia la Volkswagen sui rischi di un impiego di tale software sulle auto in produzione.

Corrado Ricci