Due spezzine nell’inferno spagnolo: "La gente correva come impazzita"

Le testimonianze di Polanco e Maccioni. Lavorano nella città catalana

Ruth Margaret Polanco, che ha vissuto per 20 anni a Spezia, lavora a Barcellona

Ruth Margaret Polanco, che ha vissuto per 20 anni a Spezia, lavora a Barcellona

La Spezia, 19 agosto 2017 -  «SE NON fossi uscita un’ora prima dal lavoro, sarei stata dentro quell’inferno». A raccontarlo è la spezzina Viola Maccioni. Dopo l’università a Genova, Maccioni ha deciso di andare a vivere in Spagna e dal 2011 risiede a Barcellona. Ha un bimbo. Lavora per la catena di vestiti famosa in tutto il mondo, la H&M. Il suo negozio affaccia proprio sulla Rambla. La sua salvezza è stata una pura casualità. Un’ora dopo che è uscita dal lavoro è avvenuta la carneficina che ha portato alla morte di 14 persone tra cui 2 italiani, Luca Russo e Bruno Gulotta, oltre a un centinaio di feriti. «Lavoro proprio lì – prosegue –, all’inizio Rambla di fronte alla stazione della metropolitana. Quando sono tornata a casa ho scoperto quello che era successo dalle colleghe tramite Whatsapp: si erano chiusi dentro al negozio con i clienti fino alle 11 di sera. Oggi la città è inanimata, è tutto blindato, tutti i trasporti sono bloccati. Io posso dire di essere stata baciata dalla fortuna, per un’ora sono rimasta fuori da quell’inferno. I miei colleghi sono completamente scioccati da quanto accaduto, sono rimasti tutto il giorno e la notte a guardare le notizie sull’attentato». E Maccioni si lascia andare anche con un pensiero critico riguardo alla sicurezza spagnola: «L’allarme terroristico in Spagna c’è sempre stato. La polizia ha sempre un furgone parcheggiato lì da dove è arrivato l’attentatore con il suo furgone, rimangono sempre all’entrata della metropolitana, non so cosa sia successo, ieri non erano presenti. La cosa che ci fa pensare è che non ci siano i panettoni che obbligano le auto a fermarsi»

A VIVERE a pochi passi dall’inferno anche Ruth Margaret Polanco, 40enne di origini venezuelane, ma spezzina d’adozione. Dai 2 ai 21 anni ha vissuto prima a Carozzo e poi a Migliarina. Margaret lavora in un ristorante a due passi dalla Rambla, la Cerveceria catalana, come responsabile di sala. «C’erano davvero molti turisti e spagnoli in centro. Uscita dal lavoro – racconta – mi stavo dirigendo verso l’ingresso della metropolitana e ho sentito un colpo fortissimo, un boato. All’improvviso ho visto passare le auto della polizia e in cielo ho visto gli elicotteri della forze dell’ordine. Ho chiamato un amico per capire cosa era successo, io credevo che avessero trovato qualcuno che vendeva droga. All’improvviso ho visto la gente che correva verso di noi urlando. Un video che mi hanno inviato confermava quello che avevo visto poco prima. Alla fine è uscito il mio capo con le mani sulla faccia dicendomi di sintonizzarmi sulla televisione catalana perché c’era stato un attentato. I telefoni sono come impazziti. Il mio ex, che lavora in polizia mi ha chiamato poco dopo dicendomi: c’è stato un attentato terrorista a Barcellona».