Clandestini in fuga nel container. Bloccati in porto: uno è ricoverato

Soccorso in codice rosso per ipotermia dopo il viaggio-odissea

Immagini d’archivio di interventi sanitari nello scalo spezzino

Immagini d’archivio di interventi sanitari nello scalo spezzino

La Spezia, 10 gennaio 2017 - Per dieci giorni sono rimasti rintanati in un container, al freddo che in Mediterraneo si è fatto gelo, con le provviste frugali di pane e acqua che sono andate esaurendosi già nella prima settimana del viaggio della speranza che aveva preso le mosse dalla Costa d’Avorio. La Spezia avrebbe dovuto costituire la nuova frontiera della loro esistenza o, forse, solo lo snodo di un più lungo percorso da battere giorno per giorno, lontano dalle tribolazioni patite in Africa, cercando di dribblare i controlli. Niente da fare. I sistemi di sicurezza del porto - nel caso quelli de La spezia Container Terminal - hanno dimostrato la loro efficacia, risolvendosi nell’altolà al sogno, alla fuga, fin dai primi passi mossi, a stento, sul molo Fornelli, dove il container era stato sbarcato. Una corsa a ostacoli, quella di cinque clandestini, minata dalla denutrizione e anche dal gelo. Uno di loro era in ipotermia quando, attorno alle 16,30, uscito dallo scatolone d’acciaio, è caduto a terra, ansimando. Il soccorso alla persona ha prevalso sui ragionamenti collaterali che, in tempi di terrorismo dilagante, sono all’ordine del giorno nello scalo, dove si è alzata l’asticella dei servizi di guardia. Il 118 ha spedito in porto, a tutto gas, l’ambulanza della Croce Rossa del Muggiano. I militi, con i guanti alle mani, hanno prestato le prime cure. E quella forma umana accartocciata su se stessa, al calore di una coperta, si è allungata. A razzo il trasferimento al pronto soccorso. E, poco dopo, le notizie rassicuranti: «Sta meglio, è fuori pericolo».

Lo hanno capito, tirando un sospiro di sollievo, anche i compagni di viaggio che, nel frattempo, dopo la loro scoperta ad opera delle guardie giurate della Lince in servizio al terminal dopo una segnalazione interna da parte del personale Lsct, sono stati trasferiti nell’ufficio della Polizia di Frontiera, rifocillati e oggetto degli accertamenti di rito, con interprete e personale sanitario. Hanno dichiarato di essere originari del Ghana e della Nigeria. Di aver lasciato il porto di Abidjean nella Costa D’Avorio. l’ultimo giorno dell’anno, cogliendo nel portacontainer As Palatia, battente bandiera liberiana, un’opportunità per fuggire dalla miseria, dalla guerra. Tutti hanno detto di essere nati nel 2000, confidando nell’asilo. Gli accertamenti ragiografici (sullo stato di sviluppo della ossa delle mani) l’avrebbero escluso almeno per i primi tre.

Una cosa è certa: sono in corso indagini per verificare eventuali complicità da parte del comandante o dell’equipaggio della nave. Le prime verbalizzazioni vanno nel senso della sorpresa: «Non ci siamo accorti dei clandestini nel container...». Dove o come si sono introdotti nel container? E in quale? Accertamenti sono in corso, insieme all’allestimento dell’operazione prevista dalla legge: il cosiddetto «respingimento», qualora fosse confermata la maggiore età di tutti. Il veicolo di questo sarà la stessa nave dalla quale è stato sbarcato il container dal quale loro si sono dati alla fuga. Arrivata ieri, avrebbe dovuto partire oggi, alla volta del porto di Genova. Ma la tabella di marcia pare destinata a subire dei ritardi. Ci sono da completare le indagini. Scontata è la sanzione amministrativa al comandante per effetto della mancata scoperta dei clandestini a bordo. Se poi dovessero emergere degli assist, scatterebbe la denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.