Caso Corini, «Al capezzale dell’avvocato pensando ai soldi»

Un patrimonio che l’avvocato dei vip aveva accumulato in oltre 25 anni di brillante carriera

L'avvocato Corini

L'avvocato Corini

La Spezia, 5 dicembre 2017 - RICOMPARVE all’orizzonte familiare nell’estate 2015, dopo oltre 10 anni di silenzi o quasi, quando il tumore all’intestino stava sfibrando la tempra del fratello avvocato. «Mi sentivo in colpa per non essergli stata a fianco prima, quando compì scelte terapeutiche sbagliate». Marzia Corini – medico anestesista all’inizio all’ospedale di Pisa e poi in vari campi di guerra sotto le insegne di organizzazioni umanitarie – aveva giustificato così, negli interrogatori in Procura, il suo riavvicinarsi a Marco, malato terminale. Questione di solidarietà, per lei. Ragioni di bieco interesse per l’accusa: stava correndo il rischio di essere esclusa dall’eredità, voleva mettere le mani sul tesoro. In gioco c’erano la villa di Ameglia, beni immobili minori e fondi bancari per quasi 2 milioni di euro.

UN patrimonio che l’avvocato dei vip aveva accumulato in oltre 25 anni di brillante carriera e che, se si fosse sposato con la giovane fidanzata seychellese Isabò Barrak, 20 anni d’età, sarebbe andato lei. Ne aveva avuto di tempo per convolare a nozze. Ma il legale si decise ad accelerare quando seppe che ormai il male era prossimo rivelarsi letale ma anche che, se avesse assunto dei particolari farmaci, avrebbe potuto allungare l’esistenza, forse due mesi. Seppe della terapia allunga-vita il 23 settembre 2015, dall’oncologo di fiducia. Dal lettino dal quale si alzava a fatica mise in moto, con varie telefonate, gli amici più stretti (giudice Diana Brusacà compresa) per capire come fare e assumere informazioni dal Comune di Ameglia sulla fattibilità del rito civile-lampo; quello stesso giorno decise anche di convocare, per il 25 settembre, a casa il notaio Massimo Mariano per precisargli le volontà; allora, la sua firma compariva nel testamento redatto il 18 settembre dalla sorella, presente l’ex collega di studio Giuliana Feliciani, che indicava, fra l’altro, un lasciato di un milione di euro alla prima, 400mila alla seconda (oltre alla villa alla fidanzata, 300mila euro alla madre e lasciti minori).

Ma non ci fu tempo per incontrare il notaio. Marco Corini chiuse gli occhi attorno alle 19 del 25 settembre, a seguito della sedazione effettuata dalla sorella, dopo aver visto l’ultima volta la fidanzata alle 12, quando la stessa fu indotta da Marzia ad andare in farmacia ad acquistare le traverse. «Non c’era più nulla da fare. Mi consultai con oncologi e palliativista; a quel punto c’era solo da non far soffrire Marco» sostiene Marzia, chiamata ora, dopo la smentita dei medici, a difendersi dall’accusa di omicidio volontario e concorso, con Feliciani, nei falsi testamenti, quello, secondo l’accusa, del 18 settembre e quello post mortem, dal quale vennero cancellati i lasciti all’Unicef (70mila euro) e all’ex collega di studio Giovanna Daniele (200mila euro), mettendo in pista l’amica di vecchia data Susanna Cacciatori. Testamenti poi rivisitati sotto la spada di Damocle dell’impugnazione da parte della madre dell’avvocato. Lei tornò in pista, sull’onda di un accordo con Isabò che, dopo aver rischiato di non avere più nulla, andarono 550mila euro, e con la Feliciani, che ottenne 200mila euro.

Corrado Ricci