"Auschwitz? Il tema era il turismo. Mi dimetto se lo chiedono le istituzioni"

Intervista al presidente del Parco nazionale delle Cinque Terre nel mirino per un post: ‘Reazioni giuste, ma non le offese’

Vittorio Alessandro

Vittorio Alessandro

La Spezia, 9 gennaio 2017 - NON SI PLACA la polemica per il post che Vittorio Alessandro, presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre, ha pubblicato venerdì sera sulla propria pagina Facebook: la foto in bianco e nero dell’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz Birkenau e due righe di commento “Vabbè lo sterminio… però ha portato tanto turismo”. La reazione in rete è stata immediata, con commenti del tipo “Una battuta vergognosa e infame” e “Dimissioni subito” ma anche altri che, conoscendo la storia personale dell’autore, hanno escluso una sua volontà di offendere l’Olocausto. E ieri la notizia, riportata da “La Nazione”, è stata commentata anche in città. Doveroso chiedere a Vittorio Alessandro quale fosse lo scopo del suo messaggio e se intenda accogliere la richiesta (per ora solo in rete) delle sue dimissioni. 

IL PRESIDENTE utilizza ampiamente Facebook, per commenti e discussioni. Ma il post dell’altra sera “Vabbè lo sterminio… però ha portato tanto turismo” ha suscitato un vespaio. Vittorio Alessandro in precedenza sembrava avere un uso dei social equilibrato anche quando pungente: perché, stavolta, evocare Auschwitz? «La scelta è stata forte, mi rendo conto che abbia sollevato reazioni che considero però giuste fin dove non superino l’offesa personale, cosa che invece è successa in molti casi. Non è vero che i miei post sono sempre stati “equilibrati”, mi accorgo di aver toccato in diverse occasioni punti vivi ed è successo per lo più quando il tema era il turismo. Una idea che mi sono fatto è che non è stato tanto aver toccato l’argomento dei campi di sterminio: non ci vuole molto a capire che non intendessi offendere la memoria di quella vicenda storica e di chi l’ha subita. Avere associato quella vicenda al turismo invece sì, ha sollevato un vespaio. E sono certo che il turismo rappresenta uno dei punti caldi difficili da toccare perché pare quasi che non se ne debba parlare. Dove il turismo c’è, non si deve porre il tema del come si esercita l’attività turistica e a danno di chi».

Secondo lei, quindi, la reazione non è tanto ad Auschwitz quanto al tema del turismo?

«Lo scorso anno quando ho sollevato la questione del turismo inteso come Gardaland e della necessità di limitare in qualche modo e razionalizzare gli accessi alle 5 Terre è successo qualcosa di simile, non in modo così pronunciato, perché qui l’associazione con quella fotografia ha ovviamente creato una chimica ancora più forte».

Quale era il significato, nelle sue intenzioni, di quella frase?

«Che il turismo è onnivoro, va guidato. Siccome spesso raggiunge la sacralità di certi luoghi e di chi li abita, è necessario porre attenzione a questi movimenti sempre più grossi di persone che raggiungono i posti spesso soltanto per fare il selfie. Altro argomento è che quando gli affari sul turismo vanno benissimo, si sospendono tutti i giudizi morali su chi questi affari riesce a conseguire. Cosa che avviene per lo più a danno della sacralità dei luoghi e delle persone che abitano questi luoghi».

Il post è stato cancellato dai gestori di Facebook. Lei lo avrebbe cancellato o no?

«No. Molti mi avevano consigliato di farlo. Io non lo avrei cancellato. Non prevedevo sicuramente questo tipo di reazioni, così violente in qualche caso, anche se ho contato moltissime espressioni di solidarietà. Ma in quel post che è stato cancellato c’era secondo me la possibilità di leggere i vantaggi e gli svantaggi dell’uso dei social. Il vantaggio è la possibilità di partecipare velocemente, condividere notizie, le proprie piccole scoperte, le emozioni. E questo per quanto riguarda me, il mio uso del social, è stato un terreno sul quale ho voluto cimentare la possibilità di coniugare il privato e il pubblico. Lo svantaggio è che qualcuno sente invece la necessità di svuotare le proprie viscere e aggredire anche personalmente le persone. Una sorta di linciaggio con un meccanismo strano: basta che il primo lanci la prima pietra, gli altri poi si sentono autorizzati a scegliere il sasso più grande, fino a che poi scompare perfino l’argomento del contendere».

Perché il fatto che Facebook abbia rimosso il post contestato la ‘inqiueta’, come scrive nel post successivo?

«Credo che sia un meccanismo abbastanza automatico, probabilmente qualche algoritmo particolare, però la dice lunga su quanto le forme di democrazia del web siano comunque vincolate a meccanismi che possono suonare, a un certo punto, anti democratici. O addirittura lo sono, perché la rimozione non tanto del mio post ma dei commenti che ne sono seguiti doveva essere forse una cosa da condividere, per esempio con la persona che ha scritto il post o comunque qualcosa che impone un attimo di valutazione».

Forse Facebook ha cancellato in automatico il post ritenendolo una offesa alle vittime dei campi di sterminio.

«Io ho fatto un liceo a Roma vicino al ghetto, i miei compagni di scuola fanno parte della comunità ebraica e io mi vanto di avere questi amici dai quali ho imparato molte cose, una di queste è che il tema dell’Olocausto non è un tema ideologico, è un tema che riguarda affetti, ferite profonde che non saranno mai sanabili. Da una di queste persone, un mio compagno di scuola che è un professionista affermato, mi è arrivata una solidariietà con un sorriso».

Il suo mandato è in scadenza, alcuni ora chiedono le dimissioni. Che cosa farà?

«Lascio agli altri decidere. Sicuramente non sarà il popolo web a decretare le mie dimissioni. Se dovesse arrivarmi da fonte istituzionale una richiesta in questo senso non avrò problemi a dimettermi, non sto certo esercitando una esperienza di esibizionismo personale. Chi conosce le vicende delle 5 Terre lo sa».

Questo episodio cambia il suo atteggiamento verso e il suo uso di Facebook?

«Mah, forse sì. Probabilmente mi determinerò a non continuare questa esperienza su Facebook».

Ossia intende cancellare la sua pagina Facebook?

«Si, ci sto pensando, non so se lo farò. Riconosco che Facebook ha però delle potenzialità molto grandi e quindi voglio pensarci. L’atteggiamento cambia: quando si sente sulla propria pelle l’aggressione come fatto collettivo, che coinvolge molti, ovviamente si ha una reazione che deve un po’ sedimentare. Poi deciderò».