Omicidio Corini, Isabò: "Quanto emerge dalle indagini per me è una pugnalata al cuore"

La compagna di Marco Valerio sotto choc. Ecco il testamento che, su denuncia di Giuseppe Rampini, ha innescato l'inchiesta contro Marzia, sorella dell'avvocato

Isabò, Corini e il testamento sotto accusa

Isabò, Corini e il testamento sotto accusa

La Spezia, 16 febbraio 2016 - UNA VENTINA di righe scritte a mano su un foglio protocollo, una calligrafia decisa ma che nella parte finale del testo lascia spazio a cinque cancellature, prima della firma che ha, invece, il tratto incerto. È il testamento datato 18 settembre 2015 attribuito all’avvocato dei vip Marco Valerio Corini, morto 7 giorni dopo. Era malato di cancro ma sarebbe stato ucciso, secondo la procura della Spezia, da un’iniezione letale operata dalla sorella Marzia, medico anestesista, ora agli arresti domiciliari per omicidio volontario aggravato. Il nostro giornale è entrato in possesso di questo documento, che ha innescato l’inchiesta. Marzia Corini lo avrebbe scritto di suo pugno, per farlo poi firmare al fratello: lo dicono i pm ma lo conferma l’avvocato civilista del medico, Barbara Vallini. Falso e circonvenzione di incapace sono invece le accuse mosse all’avvocato Giuliana Feliciani (estranea all’accusa di omicidio) che avrebbe aiutato Marzia a predisporre l’atto. Entrambe sono inoltre accusate di aver fatto sparire il vero testamento olografo, che l’avvocato avrebbe scritto nel luglio 2015 e con il quale avrebbe escluso la sorella dall’eredità, per lasciarla quasi totalmente alla convivente Isabò Barrack.

È QUESTO atto che innesca l’inchiesta: a fine novembre 2015, Giuseppe Rampini, imprenditore amico dell’avvocato Corini, presenta un esposto in procura. «Pensavo che quanto contenuto nel testamento reso pubblico – ha affermato Rampini in una intervista esclusiva rilasciata al nostro giornale – non fossero le volontà che Marco continuava a ripetere a me ed alle persone a lui più vicine, volontà che miravano a tutelare il più possibile la compagna Isa: voleva sposarla, nonostante la malattia». Invece a Isabò sono toccate ‘briciole’. Il «falso» testamento del 18 settembre le lascia la villa di Ameglia con tutto il contenuto (tra cui opere d’arte) e un milione di euro, ma a inizio ottobre Isabò e Marzia litigano, quando la ragazza chiede di entrare in possesso della casa.

MARZIA minaccia di far valere la nullità del testamento (che oltretutto lede la legittima della madre dell’avvocato) e, di fronte alla prospettiva di non ricevere nulla, Isabò accetta di ridurre la propria eredità a 650mila euro. Il resto dei soldi e la casa andranno alla madre dell’avvocato, di cui Marzia è rimasta unica erede. È a questo punto che Rampini presenta l’esposto. Senza immaginare – sottolinea – che possa portare a una inchiesta per omicidio volontario. Neanche Isabò sospettava nulla. Quando la ragazza, 22 anni, viene a conoscenza delle conclusioni a cui è giunta la procura (palesate con l’arresto di Marzia il 12 febbraio) rimane sbalordita: «Per me è stata una pugnalata al cuore», confida al suo avvocato Luca Damian. Che aggiunge: «Per lei questa scoperta ha aggravato il dolore che già l’aveva lacerata per la morte del suo grande e unico amore». Ora Isa è a Santa Margherita Ligure, da una sorella, e pensa a costruire il suo futuro con lo studio universitario. 

INTANTO, oggi, scattano gli interrogatori. Nel pomeriggio tocca all’avvocato Giuliana Feliciani, che ieri, tramite il proprio legale, ha presentato ricorso al tribunale del Riesame per il provvedimento che ha sequestrato preventivamente 200mila euro dal suo conto corrente: la cifra ‘ereditata’ da Marco Corini in virtù del testamento del 18 settembre. Provvedimento analogo nei confronti di Marzia Corini, che sarà interrogata giovedì: per lei sequestro preventivo di un milione di euro (cifra indicata nel testamento ritenuto falso). Secondo i pm, Marco era nella sua villa di Ameglia, assistito dalla compagna, quando, il 25 settembre, la sorella decise di praticargli un’anestesia tale da portarlo in poche ore alla morte. Il movente: impossessarsi del patrimonio del fratello, prima che lui sposi Isa. Marzia, in alcune intercettazioni, dice a un’amica: «Non sarebbe morto quel giorno se non lo avessi sedato», frase che nel contesto suggerisce un atto di eutanasia, come sembra che Marzia avesse già fatto col padre vent’anni prima. Ma tramite il suo avvocato, il medico si difende: «Amavo mio fratello».