ll ‘Codice Rosa’ diventa realtà. Luce sugli abusi non denunciati

Il modello grossetano della dottoressa Doretti arriva anche negli ospedali spezzini

Il procuratore della Repubblica Mario Paciaroni durante il suo intervento (Frascatore)

Il procuratore della Repubblica Mario Paciaroni durante il suo intervento (Frascatore)

La Spezia, 9 ottobre 2014 -

di Serena Valecchi

E’ MINUTA, con una voce delicata e a tratti bassa che poteva disperdersi in quello stanzone al quarto piano del palazzo di giustizia, dove si trova la Corte d’Assise, eppure aveva la grinta di una leonessa e un entusiasmo da vendere nello spiegare il ‘suo’ Codice rosa. È lei, la dottoressa Vittoria Doretti dirigente anestesista della Asl 9 di Grosseto, signora dai modi gentili e affabili, l’ideatrice di quello speciale percorso nato cinque anni fa nel pronto soccorso del capoluogo maremmano, che ora si sta diffondendo in tutta Italia, e che tra qualche mese diventerà realtà anche negli ospedali spezzini: il Codice rosa appunto. Ieri al Palazzo di Giustizia, alla presenza del procuratore della repubblica di Spezia Mario Paciaroni, la dottoressa Doretti ha parlato di paure, solitudini, violenze domestiche e sessuali, ha raccontato di vite avvolte nel terrore, ma anche di rinascita, di donne che ce l’hanno fatta a uscire dal tunnel, donne che hanno ricominciato a vivere e ritrovato la speranza grazie al supporto di una squadra unita più che mai contro la violenza. Sì, perché la squadra creata da Doretti è una vera e propria task force composta da circa 40 persone tra magistrati, medici, infermieri, assistenti sociali, polizia e carabinieri. Lo scopo è dare una risposta adeguata alla vittima e applicare una metodologia efficace, finalizzata all’arresto tempestivo dell’aggressore.

«L’IDEA del Codice rosa — spiega la dottoressa Doretti — è nata nel 2009 durante un convegno: i numeri delle denunce e dei casi di ricovero per ferite o dei sospetti abusi presentati da questura e Asl erano incongruenti. Ho pensato: ‘Possibile che in procura ci siano 60 fascicoli di violenze e in ospedale sole 2 denunce?’ Mi sono resa conto allora che il grande problema era al pronto soccorso. Se una vittima va in un centro antiviolenza o in questura ha già preso coscienza di essere una vittima, invece chi arriva al pronto soccorso non sempre questa consapevolezza ce l’ha, anche perché spesso è accompagnata dal suo carnefice. Era lì, dunque, in ospedale, che andavano sviluppate delle sensibilità, delle competenze e delle procedure particolari. Mancava il personale preparato a riconoscere i casi di violenza e gli abusi non dichiarati e fare rete con colleghi e forze dell’ordine. Ascoltare è la prima cosa che insegnamo. Mai mandare via una persona che si presenta per la terza volta al nosocomio dicendo che è caduta dalle scale. Bisogna sempre cercare di capire».

Gli ospedali dove c’è un codice rosa sono dotati di una stanza apposita dove vengono accompagnate le vittime (che possono essere anche uomini, gay, anziani o bambini) e da dove non escono se non quando si sentono pronte. Sono gli operatori a entrare «con cautela e rispetto - tiene a sottolineare Doretti -, senza stressare la persona, in un atteggiamento di disponibilità totale». Ogni stanza rosa è dotata di un lettino ginecologico, di una macchina fotografica e di un computer per permettere alla vittima di sporgere querela direttamente, qualora fosse intenzionata a farlo. «Gli agenti delle forze dell’ordine - spiega la dottoressa - entrano nella stanza solo in borghese, per non creare disagio. In ogni caso non va fatta nessuna pressione rispetto alla formalizzazione di una denuncia. Bisogna rispettare sempre la volontà e i tempi delle vittime». Doretti è riuscita in una grande impresa: partendo dal ‘piccolo’ è riuscita a creare una realtà grande che, come una tela di Fontana ha stralciato il buio della solitudine che avvolge la violenza facendo filtrare la luce; ed è riuscita a «smuovere» i grandi. Tanto che l’ex ministro Maria Cecilia Guerra nei mesi scorsi si recò di persona a Grosseto per conoscere questa realtà, una realtà che tutta l’Italia vuole imparare e che tra pochi mesi conoscerà anche Spezia.