Mamma adottiva alla soglia dei 60, incredibile battaglia vinta da una single

Un lungo calvario burocratico dall’Italia alla Bielorussia

Rita Orlandi con Michele, 16 anni (Frascatore)

Rita Orlandi con Michele, 16 anni (Frascatore)

La Spezia, 20 settembre 2014 - È RIUSCITA a “fare” un bambino a 59 anni, da sola. È il sogno diventato realtà di Rita Orlandi, la biologa spezzina che passerà alla storia per essere la prima donna single, mai sposata, ad aver adottato un figlio in Liguria e tra le pochissime ad esserci riuscite in Italia. La sua fantastica storia inizia nel 2005 quando decide di ospitare nella sua casa di Monterosso un bambino della Bielorussia. Una semplice vacanza come quella offerta da tante famiglie italiane per regalare un po’ di serenità ai bambini scampati dall’esplosione nucleare di Chernobyl. Michele, questo il nome del suo ospite, viene da un istituto per gli orfani sociali, è magrissimo, fragile, non mangia. Un cucciolo bisognoso d’affetto e di dolcezza. Il secondo giorno già la chiama “mamma”. Una parola che esplode come una bomba. Il cuore di Rita si accende. Di anno in anno, i soggiorni di Michele nel Golfo dei Poeti diventano sempre più frequenti. All’improvviso decide che nessuno, nemmeno la burocrazia, può separarla dal “suo” bambino. Inizia così una guerra di carte, di perizie e di tribunali. Una guerra che riesce a vincere dopo nove anni di attese e di false partenze, quando Michele ha ormai 16 anni. Grazie alla sentenza definitiva del 29 luglio che rende ufficiale, davanti al tribunale degli uomini, quello che nel mondo dei sentimenti è già verità assoluta.

Rita, che cosa l’ha convinta a intraprendere questa strada? «Mi hanno convinta gli occhi di quel bambino. Quando l’ho accolto nella mia casa non avrei mai immaginato di innamorarmene al punto tale di decidere di adottarlo. Pensavo di fare un bel gesto di solidarietà, di aiutarlo come avevo visto fare a tante altre famiglie. Poi però qualcosa dentro di me è cambiato». C’è stata una scintilla… «E’ scattata la voglia di fare qualcosa di concreto per questa creatura. Di aiutarlo veramente a cambiare vita, ad avere una seconda possibilità. Il pensiero di lasciarlo da solo in Bielorussia era diventato un tormento. Lo sentivo già come figlio mio, non potevo abbandonare in un orfanotrofio mio figlio. Questa idea è diventata una spinta inarrestabile, naturale. E poi mi aveva chiamato mamma…». Crede che una donna sola possa dare a un bambino tutto quello di cui ha bisogno? «Certamente. Sono convinta che sia necessario superare lo stereotipo della famiglia. La famiglia è un qualsiasi nucleo governato dall’amore. Quell’amore che io ho provato subito per Michele e che anche i miei parenti hanno sentito nel loro cuore». Un oceano di amore che nemmeno lo scoglio della burocrazia può arginare, giusto? «Esatto. Quando ho contattato l’avvocato Francesco Pisano sapevo di iniziare un percorso tortuoso, davvero difficile da affrontare. Sia io che Michele abbiamo sofferto moltissimo in questi nove anni trascorsi tra un tribunale e l’altro. L’incubo sembrava non finire più. È stato un calvario, ma non abbiamo mai perso la speranza». È consapevole che la sua vittoria aprirà la strada a tante altre donne single con lo stesso desiderio di maternità? «Sì, ne sono felice. Credo che una donna possa essere una buona madre anche da sola». Michele ora vive a Monterosso con lei e la nonna. Come sta? «E’ felice come non mai. Si sta integrando poco a poco. Sta studiando la lingua e facendo amicizie. Credo che per lui la vita stia iniziando sul serio solo ora».