Produzione alimentare agli sgoccioli

L'intervento

Franco Scaramuzzi

Franco Scaramuzzi

Firenze, 25 novenbre 2015 -  SI CONTINUA a divulgare con enfasi che l’esportazione dei prodotti alimentari italiani avrebbe raggiunto un alto valore complessivo (circa 34 miliardi) e che si mira a portarlo a 50 miliardi nei prossimi 5 anni. Non si pubblicizza invece il rovescio della medaglia, cioè che la produzione nazionale di alimenti primari non è autosufficiente e continua a decrescere. Siamo infatti diventati grandi importatori (a prezzi inferiori ai nostri costi di produzione). Liberamente elaboriamo queste commodities che poi esportiamo come nostro prodotto “agro-alimentare” e anche con l’equivoco marchio “Made in Italy”.

Il non regolamentato rapporto tra i multiformi anelli delle filiere alimentari tende a mettere in difficoltà le imprese agricole, non pagando loro prezzi adeguati. Già da tempo è stata evidenziata la mancanza di un regolamento generale e di un accordo di compartecipazione fra le imprese che operano in una stessa filiera, “dal campo al consumatore”. Bisognerebbe realizzare un’equa ripartizione del reddito complessivo, quale il valore aggiunto finale.

Come è tradizionalmente avvenuto e tuttora avviene, ad esempio, in buona parte del settore vitivinicolo, con le aziende che realizzano in proprio tutte le fasi produttive, i redditi complessivi vengono utilizzati per sostenere le esigenze di tutte le fasi della produzione, non escludendo certo la cura per i vigneti. Altro esempio eclatante è quello delle filiere lattiero-casearie. Dalla stalla al consumatore il prezzo del latte viene quadruplicato. Le industrie casearie vorrebbero continuare a pagarlo pochi centesimi al litro, al di sotto dei costi di produzione. Mentre è in atto una pressante offerta di latte importato e una forte concomitanza di frodi. Gli agricoltori protestano per lo squilibrio economico creato all’interno delle filiere e cominciano a chiudere le stalle.

*Presidente onorario

Accademia dei Georgofili