Le autopsie sui sub, nessun segno di embolia, infarto o annegamento: spunta l’ipotesi dell’intossicazione

Esclusi malori mortali, altri esami per confermare l’aria ‘sporca’ LA TESTIMONIANZA / "HO FORNITO IO LE BOMBOLE AI SUB" / C'E' UN INDAGATO / IL PROCURATORE: "NON SI CAPISCE COSA SIA SUCCESSO" / I COLLEGHI RICORDANO IL DOTTOR GIAIMO / LA TRAGEDIA / L'OBITORIO - FOTO / SGOMENTO DOPO L'ACCADUTO - FOTO

I tre sub morti alle Formiche: Giaimo, Cioli e Trevani

I tre sub morti alle Formiche: Giaimo, Cioli e Trevani

Grosseto, 14 agosto 2014 - IL GIORNO della verità si trasforma nel giorno dell’ennesima attesa, ma almeno con qualche punto fermo che emerge dalle autopsie eseguite ieri all’obitorio dell’ospedale di Grosseto: nessuna patologia tale da condurre alla morte improvvisa e veloce, e la strada aperta dell’avvelenamento da monossido di carbonio.

FABIO GIAIMO, 57 anni, anestesista perugino, non sarebbe morto a seguito di infarto (come ipotizzato in un primo momento) e nemmeno sui cadaveri degli altri compagni di immersione, Gian Luca Trevani, 35 anni ed Enrico Cioli, di 32, i medici legali avrebbero riscontrato elementi evidenti di una morte dovuta a barotraumi o malattie da decompressione. Nè embolia e nemmeno annegamento.

L’ESCLUSIONE di cause certe lascia ancor più aperta l’ipotesi di una possibile intossicazione da monossido o di qualche gas finito accidentalmente all’interno delle bombole (sott’acqua divenuto letale) che il gruppo aveva noleggiato all’Abc Diving center di Talamone di Andrea Montrone, l’unico indagato. Parlando con la stampa, egli ha escluso problemi di aria sporca ma ha aggiunto di aver ‘rabboccato’ due bombole la mattina stessa dell’immersione. In barca mentre si dirigevano verso le «Formiche», ipotizzano gli investigatori. E’ ancora presto per risolvere il rebus della strage in mare. I medici legali nominati dalla Procura di Grosseto, la professoressa Manuela Turillazzi e Sara Vita dell’Istituto di medicina legale di Foggia, dovranno eseguire gli accertamenti istologici e tossicologici: vera chiave di volta per chiarire le cause della morte e stabilire se gli elementi compatibili con un avvelenamento riscontrati in autopsia abbiano conferme dagli altri accertamenti. All’esame hanno preso parte i consulenti di parte: Laura Paglicci Reattelli e Paolo Giovenali nominati dall’avvocato Gianni Spina per conto di Giaimo e Trevani e Walter Patumi per Cioli.

DALLE indagini emerge invece un nuovo inquietante dettaglio. Sembra che Trevani sia rimasto a una quota di 18 metri durante l’immersione alle «Formiche», senza scendere più in profondità, e che sia risalito da solo, forse dopo aver avvertito qualcosa che non andava. Appena in superficie ha fatto in tempo a togliersi l’erogatore e chiamare aiuto. Ma sarebbe morto poco dopo. Un’imbarcazione che si trovava nelle vicinanze, sulla verticale di risalita, lo ha subito caricato a bordo ma per Gianluca non c’è stato nulla da fare. Come pure per Enrico Cioli, riemerso in un altro punto, già morto. Sarebbe stato Gian Luca a sparare anche il pedagno, il pallone gonfiabile che fornisce la posizione dei subacquei in emersione.

OGGI INVECE tocca agli accertamenti su bombole, computer e compressore. Sarà il comandante del nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco di Grosseto, Giorgio Chimenti — consulente della Procura — a dirigere le operazioni peritali (le famiglie Giaimo e Trevani hanno nominato Luca Malentacchi, esperto di subacquea ndr) Un momento fondamentale. Il pubblico ministero Stefano Pizza ha disposto accertamenti tecnici urgenti e irripetibili per verificare se nei residui di aria ci sia qualcosa di anomalo che, a quella profondità possa aver ucciso, trasformando una gita sott’acqua in una strage in mare.