Lunedì 20 Maggio 2024

Sub uccisi dal monossido, indagini chiuse per i due indagati

Pronti gli avvisi della Procura per il titolare del Diving e per il suo collaboratore

I momenti in cui sono state sequestrate le bombole del diving (Foto Aprili)

I momenti in cui sono state sequestrate le bombole del diving (Foto Aprili)

Grosseto, 6 dicembre 2014 - INDAGINI chiuse e avviso pronto per gli indagati. Respinta la richiesta di giudizio immediato che era stata presentata dalla procura, il sostituto procurato Stefano Pizza ha imboccato l’altra via per chiedere di processare Andrea Montrone, titolare del diving di Talamone e il suo collaboratore Maurizio Agnaletti: entrambi accusati di omicidio colposo plurimo per la morte dei tre sub umbri Fabio Giaimo, Enrico Cioli e Gian Luca Trevani. Chiusura indagini che significa anticamera della richiesta di rinvio a giudizio. Montrone e Agnaletti sono accusati di avere ricaricato male le tre bombole – e non solo quelle – che sono state utilizzate dai tre subacquei domenica 10 agosto scorso, durante un’immersione alle Formiche. Di avere in sostanza fatto entrare concentrazioni mortali di monossido di carbonio che poi è stato respirato dai tre umbri.

LA PROCURA aveva cercato di accelerare i tempi, chiedono al gip Valeria di Montesarchio di concedere il giudizio immediato, che avrebbe significato saltare un passaggio procedurale: l’udienza preliminare. Ma la richiesta è arrivata fuori tempo massimo alla cancelleria del giudice che ha quindi respinto la domanda. I magistrati sono quindi passati al piano «B»: la richiesta di rinvio a giudizio, che però deve essere preceduta dalla chiusura indagini. La procura non ha dubbi su che cosa sia accaduto quel maledetto fine settimana: le bombole per i magistrati sono state ricaricate in un ambiente che ha permesso l’ingresso di elevatissime quantità di monossido di carbonio, lo scarico di alcune motori che si trovavano a poca distanza dalla Emery Island, la barca del diving dove sono state ricariche le bombole. Hanno alcune perplessità i difensori degli indagati, Riccardo Lottini e Massimiliano Arcioni, che prima hanno rilevato la tardività della richiesta di immediato e poi chiesto l’incidente probatorio per eseguire ulteriori accertamenti sull’attrezzatura sequestrata al diving. Ma anche la loro richiesta è stata rigettata dal giudice.

c.r.